Guida epigrafica all'Iran antico

di Gian Pietro Basello

Persepolis

Persepolis è un complesso archeologico che propone al visitatore una familiarità che solo più visite distanziate nel tempo possono far apprezzare pienamente. Un po' come Pompei, anche se la piattaforma* persepolitana è più piccola (++dimensioni++) e non si tratta di una città cresciuta a tratti disordinatamente ma della pianificata espressione di un'ideologia monarchica, presenta un'omogeneità e contiguità nei suoi resti che la differenziano radicalmente da quei siti archeologici in cui la visita si esaurisce con la visione dei monumenti più eclatanti, spesso isolati all'interno di un contesto diverso e cronologicamente distante. A Pompei si ha la percezione chiara di essere all'interno di un organismo un tempo complesso e vitale, in cui la vita quotidiana, come per noi oggi, non si esauriva in un singolo ambiente abitativo o monumentale, ma si snodava lungo vari percorsi che toccavano i diversi aspetti dei bisogni sociali di un uomo. Nella prima visita Persepolis colpisce per l'imponenza e la collocazione, ovvero per le proporzioni monumentali della piattaforma e la posizione a ridosso della roccia corrugata protesa verso la piana, elementi che una fotografia fatica a trasmettere. Tornato a casa uno inizia a chiedersi, oltre ai palazzi monumentali in mezzo al deserto, dove fosse tutto il resto: le cucine, le stalle, le foresterie, i bagni; e non credo basti il discorso delle tende dei nomadi che venivano erette alla bisogna, precedendo i moderni padiglioni dello Shah, attorno alla piattaforma. Documentandosi un po', ci si rende conto che associare a Persepoli esclusivamente l'immagine delle colonne dell'apadana su una piattaforma monumentale è estremamente riduttivo: anche un complesso celebrativo ha infatti bisogno di una consistente rete di servizi per cui, al di fuori della piattaforma e oltre le tombe rupestri, abbiamo i quartieri meridionali, le fortificazioni sulla Collina Reale, le installazioni per la gestione delle acque e diverse altre strutture. In Kleiss 1972: 155 ho trovato finalmente una mappa che dà maggior risalto all'intero complesso, da confrontare senz'altro con la foto aerea dell'archivio on-line dell'Oriental Institute di Chicago (il nord è a sinistra, al contrario delle successive piante in cui è in alto).

* In inglese è "terrace" e anche in italiano "terrazza", nel senso con cui viene usata nel contesto di un'agricoltura collinare (si pensi anche a "terrazzamento" o "terrazzare"), è corretto, ma si tratta di un uso lontano da quello comune che dà a "terrazza" l'accezione di "balcone" o comunque qualcosa, magari iterato, di dimensioni contenute. Preferisco quindi l'uso di "piattaforma", fermo restando che si intende un riporto di terra utilizzato per sopraelevare e pareggiare un pendio, contenuto almeno in parte da una qualche sostruzione artificiale.

Kleiss 1972 è interamente dedicato alle installazioni presenti sulla Collina Reale, propraggine del massiccio montuoso del Kuh-e Rahmat, da cui è separata da una sella [sulla distinzione fra il monte e la collina, vedi Shahbazi 1977: 205]. Le foto a corredo dell'articolo mostrano frammenti di vasi, pietre lavorate, canalette per l'acqua. Ricordo che l'anno scorso, stando attorno alla cisterna che si trova a mezza via fra le due tombe, Hassan Rasas ci spiegava che le canalette sotterranee sulla piattaforma servivano solo per far defluire l'acqua che sceneva dal monte.

L'imponenza delle fortificazioni sul crinale del monte appare chiaramente da quest'altra veduta aerea obliqua (in basso a sinistra):

I quartieri meridionali sono stati scavati nel ++ da Tadjvidi e i risultati sono troppo sinteticamente pubbicati in Tadjvidi 1973, 1975 e 1976 [ma solo Tadjvidi ha scavato o già Schmidt 1953??].

Persepolis: Pārsa nelle iscrizioni antico-persiane (XPa nella porta di Serse; la piattaforma non è citata con un nome proprio nelle iscrizioni sul muro meridionale della piattaforma), poi Sat-setūn "Cento colonne", oggi Takht-e Jamshid "palazzo di Jamshid" [Shahbazi 1977, molto interessante]; Takht in questo contesto non significa 'trono' ma 'palazzo' [Shahbazi 1977: 202, footnote 60]. Sulla figura eroica e leggendaria di Jamshid, vedi ++. E' citata anche nella Bibbia:

(1) Avvenne in quel periodo il ritorno ignominioso di Antioco dalle regioni della Persia. (2) Infatti egli era giunto nella città chiamata Persepoli e si era accinto a depredare il tempio e ad impadronirsi della piazza, ma i cittadini ricorsero in massa alle armi e lo ricacciarono; perciò Antioco, messo in fuga dagli abitanti, dovette ritirarsi vergognosamente. [CEI 2Maccabei 9,1-2; Shahbazi 1977: 199]

Kuh-e Rahmat: 'monte della misericordia', traduzione araba di un persiano Kuh-e Mehr, a sua volta corruzione e adattamento di un antico 'monte di Mitra' [Shahbazi 1977: 205-2107].

La ricognizione delle iscrizioni in situ a Persepoli è stata effettuata per conto del progetto DARIOSH durante il viaggio organizzato dalla Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali (università di Bologna, sede di Ravenna) grazie ai professori Pierfrancesco Callieri e Antonio Panaino. La ricognizione è stata effettuata nelle mattinate dei giorni 21-22/IX/2004; gli appunti sono stati trascritti nei giorni 12-13/X/2004.

Muro di terrazzamento meridionale della piattaforma
(South Foundation Terrace Wall)

Al centro del muro di terrazzamento meridionale della piattaforma, sono incise quattro iscrizioni poste in corrispondenza dell'ingresso originario alla piattaforma [Tilia 1977], prima che venissero aperti da Serse lo scalone e la "porta di tutte i paesi" nella parte settentrionale del lato ovest della piattaforma. Da sinistra a destra (da ovest verso est), *su uno stesso blocco di pietra, si susseguono due colonne in antico persiano, una colonna in elamico e una in babilonese. Per quanto le due colonne in antico persiano corrispondano quantitativamente alla singola colonna del testo elamico o babilonese, non si tratta di una iscrizione trilingue ma di almeno tre iscrizioni autonome. Sono tutte in situ, al di sotto di una semplice tettoia sorretta da tubi Dalmine. Non ne esistono altri esemplari: Schmitt 2000 nota che appartengono ad una fase in cui il testo delle iscrizioni non era ancora codificato in formule fisse; infatti vengono unanimamente considerate come le iscrizioni più antiche della piattaforma persepolitana [Shahbazi 1985, cronologia (vedi sotto); Schmitt 2000]. Le iscrizioni sono contornate da una bordo inciso e separate l'una dall'altra da pochi centimetri. [Basello, dia 2004; Shahbazi 1985, tavole].

DPd1 e DPe1: Schmitt 2000 (e già AVR) nota che si tratta praticamente di due colonne di una stessa iscrizione antico-persiana concepita probabilmente in modo unitario.

DPf01: solo elamico.

DPg001: solo babilonese.

Porta di Serse detta "di tutti i paesi"
(Gate of Xerxes)

XPa: 4 copie trilingui, tutte in situ, sui quattro passaggi interni delle due porte, a circa 8 m (misurati a occhio) dalla soglia in pietra. Elamico, antico persiano e babilonese fianco a fianco *dall'esterno verso l'interno. Il riquadro del testo antico-persiano è più largo per via della scrittura semi-alfabetica contro quella sillabica delle altre versioni. Le iscrizioni sui due lati meridionali sono più rovinate ed erose nelle stesse posizioni [Panaino]. XPa1 01 001 sulla parete settentrionale del passaggio della porta occidentale; XPa2 02 002 porta orientale, parete settentrionale; XPa3 03 003 porta occidentale, parete meridionale; XPa4 04 004 porta orientale, parete meridionale.

Apadāna

Al centro del lato N, parete esterna, il riquadro centrale è vuoto, prevista prob. iscrizione (come anche al centro del lato W).

Per i cardini delle porte, i cui enormi incassi nel terreno (contornati da una rosetta) sono tuttora in situ, vedi Krefter 1968.

XPb1: OP in situ in corrispondenza (subito prima) della discesa delle scale W, sul muro esterno N; rimane un po' di spazio vuoto in basso; le prime 4 righe e mezzo non sono in situ ma al British Museum (BM 118840 and BM 118841).

XPb02 e 002: in situ in corrispondenza (subito prima) della discesa delle scale N, sul muro esterno E, EL in alto (con segni più grandi e spaziati), BAB sotto.

XPb2: in situ in corrispondenza (subito prima) della discesa delle scale S, sul muro esterno E.

XPg: non in situ. "Glazed bricks from Apadana façades, found in fill of courtyard east of Apadana, between Apadana and Throne Hall". XPgOP 3 = Oriental Institute A. 24112 (quindi al museo di Chicago??). "Herzfeld:1938, p. 38 reports finding a couple of chips of glazed bricks from a presumed Elamite version of XPg in the area east of the Apadana. Schmidt:1953, pp. 70f. reports excavating forty-six more fragments presumed to be from the same version along the north front of the Apadana Cameron's attempts to reconstruct an inscription and verify it as an Elamite version of XPg were unsuccessful; see Cameron apud Schmidt:1953, 71." "Herzfeld:1938, p. 38 reports finding about 40 small fragments of an Akkadian version of XPg, probably representing two exemplars, but insufficient for reconstruction of the inscription. See Herzfeld:1938, p. 40 fig. 14." [foto in Schmitt 2000]

DPh: non in situ. "In 1933, Krefter discovered one gold and one silver plate with trilingual versions of DPh in a stone box beneath the northeast corner of the main hall of the Apadana; he found another gold and another silver plate with trilingual versions of DPh in a stone box beneath the southeast corner of the main hall of the Apadana; see photographs of Krefter excavating one of the deposits in Illustrated London News, Feb. 22, 1936, 328 and Trümpelmann:1988, p. 8 fig. 1. The reports do not indicate which pair of plates came from which corner, or indicate clearly the provenience of the plates illustrated. A square depression in the exposed bedrock at the northwest corner of the main hall suggests that a similar pair of tablets was once deposited there." "DPh 1,01,001 and DPh 3,03,003: gold plates with Old Persian version on top, Elamite version in middle, Akkadian version on bottom. DPh 2,02,002 and DPh 3,03,003: silver plates with Old Persian version on top, Elamite version in middle, Akkadian version on bottom."

Palazzo di Dario detto Tachara
(Palace of Darius)

A3Pa2: in situ, pannello centrale, Panaino vede 2 errori.

XPc3, 03, 003: in situ, su muro esterno S palazzo, muro N del cortile, BAB OP EL da sinistra a destra (W a E), ben spaziati da rilievi di figure umane (non come risulta da pianta Chicago), BAB e EL in corrispondenza del punto in cui le due scale iniziano a scendere. Bordate con doppia riga come molte altre iscrizioni, ma ho annotato solo questa.

XPc1 01 001 e XPc2 02 002: in situ su due pilastri, più all'esterno rispetto a dove segnalato su pianta di Chicago ovvero subito a N delle due scale nel punto in cui iniziano a scendere. Dall'alto in basso OP EL BAB.

DPa2 02 002 [DPaW] e DPa1 01 001 [DPaE]: in situ, in alto sui due lati interni del passaggio, OP EL BAB da S verso N ovvero da esterno a interno. Nella pianta di Chicago, CPa1 è chiaramente un errore per DPa1.

DPb2 02 002 [DPbT, T per tachara]: sulle vesti del re sul lato W del passaggio della porta S della sala centrale; non in situ, rimosso da De Bruine agli inizi del *XIX sec., ora a Paris, *Cabinet des Medailles (Shahbazi 1985: 9). "With DPbOP 2 and DPbEl 02, removed from the garment of the figure of the king in west jamb of south doorway of main hall of Palace of Darius (Tachara)."

XPk1 01 001: "On garment of figure of king, Palace of Darius (Tachara), middle door, eastern part". Non l'ho notata.

DPc1 01 001: 18 copie, iscrizione sulle finestre (sulla pianta di Chicago solo 16), lato interno della sala centrale. 3 sul lato N, 3 sul lato E (quella centrale completamente rovinata; quella destra a S preservato solo OP comunque danneggiato), 2 sul lato W, 4 sul lato S. Poi anche all'esterno delle 4 finestre sul lato S (che non sono finestre chiuse) e, nello stesso vano colonnato esterno, su due finestre chiuse in corrispondenza di XPc1 e 2 della pianta di Chicago. Sempre in senso orario, EL stipite sinistro, OP su architrave, BAB su stipite destro. "The inscription occurs eighteen times, on the stone frames of all preserved windows and niches of the portico and main hall of the Palace of Darius (Tachara), including frames on both sides of the four windows between the main hall and the southern portico. The Old Persian text runs horizontally on the lintel; the Elamite text runs vertically from bottom to top of the left side of the frame; the Akkadian text runs vertically from top to bottom of the right side of the frame. See Schmidt:1953, p. 223; Herzfeld:1938, p. 22 fig. 10. Ouseley:1821, p. 257 identified ibid. pl. XLI as a copy of one of the exemplars of DPc, citing earlier copies of the same inscription by Niehbuhr and Kaempfer. See Mayrhofer:1978, p. 35 (10.3.3)."

Rilievi nei passaggi delle porte

Lato N, paggio con "asciugamano" che segue re, sempre rivolti verso l'interno, paggio dietro re. Lato E: re che combatte con leone, uno contro l'altro, re da parte esterna (E). Lato W: porta più a N (ingresso da scala esterna), re che combatte con toro, affrontati, re da parte interna; porta più a S (che dà su sala interna), re che combatte con "grifone", re da parte esterna. Lato S: paggio con ombrello che segue re, rivolti verso esterno, re davanti (verso esterno); la figura a E per quanto sia identica a Dario di fronte, sarebbe Serse in base a iscrizione XPk sulle vesti (situazione simile a DPb1 nello hadish di Serse; Shahbazi 1985: 11). Sala colonnata S, aperta su esterno prob., porta che dà su stanza verso W: re che combatte con leone, affrontati, re sul lato interno (E); l'altra porta simmetrica non l'ho guardata.

Pezzi riutilizzati in complesso islamico presso Shiraz, credo ora ricollocati.

Iscrizioni medio-persiane e islamiche

La storia degli studi delle due iscrizioni medio-persiane del palazzo di Dario è un chiaro esempio di quanto l'interesse epigrafico possa astrarre un testo dal suo contesto. Frye 1966: 83 si limita ad annotare, fra le decine di porte di Persepoli, che le due iscrizioni sono "on a doorpost in the ruins of Persepolis", nonostante Schmidt avesse precisato "two texts of the time of Shapur II (A.D. 309-79) engraved on the southern face of the east jamb of the doorway which links the portico with the main hall" [Schmidt 1953: 223, footnote 11 cited in Back 1978: 518, footnote 360; vedi and SChmidt 1953, plate 157]. Il portico è quello meridionale, la "main hall" è la sala centrale del palazzo di Dario. Estraendo la citazione di Schmidt senza guardarne il contesto, Back scrive: "Aus Persepolis und zwar vom südlichen Eingang zum Thronsaal (Hundert-Säulen-Saal) des Darius stummen zwei sassanidische Inschriften" [Back 1978: 518, footnote 360]. Come il palazzo di Dario sia diventata la sala del trono (o delle cento colonne, precisazione estremamente indicativa) credo si possa spiegare scorrendo il testo della prima iscrizione. Le due iscrizioni non sono molto diverse, se non per la maggior verbosità, rispetto alle firme dei viaggiatori occidentali nel 1800! Frye conclude che i due testi offrono molti spunti di interesse storico ma non ha tempo per esaminarli.

ŠPs-I: iscrizione incisa per volere di Shāpūr Sagānshāh (= "the Saka king" [Frye 1966]), un figlio di Hormazd II, durante il regno di Shapur II (307-379 d.C.). L'iscrizione testimonia come la monumentale piattaforma persepolitana venisse percepita dagli occhi di un contemporaneo dei sasanidi, che fece nel palazzo di Dario un vero e proprio pic-nic. La suddetta svista di Back si spiega facilmente considerando che nel testo dell'iscrizione (linea 5) il luogo in cui è incisa è detto "cento colonne" (ststwny [Frye 1966: 91, s.v.]) intendendo chiaramente i resti di Persepoli in genere [Shahbazi 1977: 201 con rimandi a Frye 1966].

In the month of Spandarmad, in the second year of the Mazda worshipping lord Shapur [311 AD] ... At that time, when Shapur the Saka king, of Sind, ... departed from the court of His Majesty, he went on this road, between Istakhr and Seistan and graciously came (there) to Persepolis ["hundred pillars" ststwny]. Then he had lunch in this building ... [ŠPs-I, according to Frye 1966: 85]

ŠPs-II: iscrizione incisa per volere di Seleucus, governatore di Kabul, al tempo di Ohrmazd (non il II??). Shahbazi interpreta la frase ++ [line +, Frye 1966] dice che ordinò di esaminare l'altra iscrizione in modo tale che Shapur Saka king aveva ordinato a Seleucus di controllare se la sua iscrizione era stata incisa [Shahbazi 1977: 201] [ma a chi venne lasciato l'ordine di incidere il testo? Shahbazi dice che la seconda fu lasciata da uno mandato a controllare che fosse scritta la prima: si confonde, perché il giudice di Kabul si appella "schiavo" e dice che ha "esaminato" l'altra iscrizione precedente??].

Palazzo di Serse detto Hadish
(Palace of Xerxes)

Quasi tutti gli elementi architettonici (stipiti di porte e finestre, passaggi di porte, elementi figurativi) del palazzo di Serse riportavano "didascalie" trilingui. Molte sono frammentarie o disperse, lasciando dispari il conteggio delle varie versioni. Ciononostante il palazzo di Serse rappresenta sicuramente la struttura epigraficamente più intricata e affollata della piattaforma.

L'iscrizione XPe è attestata in diverse copie (16 OP, 7 EL e 7 BAB per Chicago), suddivisibili in 3 gruppi in base al numero di linee (permise di capire che la scrittura antico-persiana era scritta da sinistra a destra, Niebuhr 1778, vedi Kent 1953: 10, §14) e anche alla collocazione seguendo il criterio di classificazione proposto e utilizzato in Shahbazi 1985: 14. Tale criterio è stato adottato con sigle indipendenti e un'ulteriore suddivisione in Schmitt 2000: 79.


XPd003 XPd3 XPd03 [XPdbW]: sul fronte esterno della scalinata W, spaziati da rilievi, BAB a sinistra, OP al centro, EL a destra.

XPd04 XPd4 Xpd004 [XPdbE]: BAB EL sul fronte esterno delle due scalinate laterali sul lato E del palazzo, OP al centro nello spazio ricavato fra le parti terminali delle due scale, BAB sulla scala sinistra, EL su quella destra ma EL non visibile (la parete è molto danneggiata).


XPd1 XPd01 XPd001 [XPdaNW]: dall'alto in basso OP EL BAB su una parete, "western anta of portico", OP 19 linee, EL 12, BAB 11; Shahbazi 1985: 13 and plate XXVII (con i tendoni dello shah sullo sfondo).

XPd2 XPd02 XPd002 [XPdaNE]: dall'alto in basso OP EL BAB su una parete, "estern anta of portico", OP 19 linee, EL 12, BAB 11; molto danneggiata, al contrario dell'altra; Shahbazi 1985: 13 and plate XXVI.


XPe13 [XPeaPW]: in senso orario attorno ad una porta, sul lato che dà sulla sala centrale cioè E, solo OP che corre su stipite, architrave, stipite.

XPe12 [XPeaPE]: come XPe13, ma porta E del portico N del palazzo, sempre su lato interno cioè W.


A1Pa2: non visibile, non in situ. "Fragment found in a hole in northwest corner of Room 12 of the Hadish (Palace of Xerxes). Attribution uncertain."


XPe3, 03, 003 [XPecW]; XPe7, 07, 007 [XPebW]: nel passaggio della porta W della sala colonnata centrale, solo sul lato S (lato sinistro per chi ESCE dalla sala centrale; *lato N rovinato); l'iscrizione sulle vesti (XPe7) è rovinata; in alto (XPe3) da sinistra a destra *EL OP BAB (curioso: Schmidt 1953: 238: " ... here as in Darius' palace the Old Persian text is usually first in line, that is, it is placed above the image of the king. The west jamb of the western doorway in the northern wall is an exception. Here the sculptor evidently committed an error, for he engraved the Old Persian text in the center, the Elamite above the king, and the Babylonian version, as usual, above the attendants.").

XPe1, 01, 001 [XPecE]; XPe6, 06, 006 [XPebE]: nel passaggio della porta E della sala colonnata centrale, solo sul lato S (lato destro per chi ESCE dalla sala colonnata centrale; *lato N rovinato); in alto (XPe1) *OP EL BAB da sinistra a destra (da E a W); l'iscrizione sulle vesti (XPe6) non l'ho annotata, ma credo figuri nelle diapo.

Shahbazi 1985: 14.


I due passaggi (E e W) fra il portico N e la sala centrale: passaggio W, da N a S (da sinistra a destra) sulla parete E della porta, OP, EL, BAB; passaggio E, solo parete interna della porta lato E, solo iscrizione sulle vesti (non quella in alto perché si è preservata solo la metà inferiore della lastra).

XPe4 04 004 [XPecNW2]: EL: "Four lines. Palace of Xerxes (Hadish), west jamb of the western doorway in the north wall of the main hall." Shahbazi 1985: 14.

XPe2 02 002 [XPecNW1]: "Palace of Xerxes (Hadish), east jamb of western doorway in north wall of main hall." Shahbazi 1985: 14.

Ambedue in orizzontale ma credo danneggiate, non riuscivo a distinguere posizione tre versioni, che risulta da diapo spero.

XPe5 05 005 [XPebNE]: "Palace of Xerxes (Hadish), on garment of figure of king on east jamb of east doorway in north hall." Conservato solo passaggio interno porta lato E, solo iscr. su panneggio danneggiate, no riquadri in alto perché non preservatasi parte superiore lastra. Lo svolazzo centrale della veste del re è diviso in 4 pieghe, da destra a sinistra, sulla prima si trova una riga EL seguita da una riga OP, sulla quarta piega 2 righe OP; ogni piega potrebbe contenere 2 righe; ogni riga è girata in verticale, inizia quindi dall'alto, la base dei segni rimane a sinistra, vedi Shahbazi 1985: plate XXXVI.

DPb1 01 001 [DPbH, H per Hadish; Schmitt 2000: DPj, perché diversa la divisione in linee e uso logogrammi rispetto a DPb]: la descrizione di DPb1 OP in Chicago è errata e fa riferimento a DPb2 BAB, giusta quella di DPb1 BAB. Shahbazi 1985: 11-12. 4 linee, da sinistra a destra BAB EL OP; BAB preservata solo parte destra, sopra ombrello di Dario, lastra caduta a terra rovesciata di cui rimane solo parte superiore. Non vista in situ.


XPe11 [XPeaNW]: "Palace of Xerxes (Hadish), on north face of western doorway frame of the north wall of main hall."

XPe14 [XPeaR10]: "Palace of Xerxes (Hadish), on south face of northern doorway frame of Room 10." La collocazione sulla mappa di Chicago è errata. La stanza 10 è quella a W della sala centrale. Sviato dalla mappa, non ho controllato se è in situ (presumibilmente sì).


In origine dovevano essere molte di più, queste sono le uniche tre finestre affacciate sul lato S del palazzo (pur appartenendo ad ambienti diversi internamente) di cui si è preservata la cornice. Shahbazi 1985: 14. Chicago descrive solo OP, come se EL e BAB non esistessero.

XPe8 [XPebS2 cioè seconda finestra (da destra però!) sul lato S del palazzo]: all'esterno in situ, in senso orario attorno alla finestra, *BAB a sinistra, OP e El rovinati.

XPe9 [XPebR6, room 6]: all'esterno in situ, in senso orario attorno alla finestra, EL a sinistra rovinata, due righe di OP sull'architrave, BAB sullo stipite destro. La si vede della scala che scende da lì.

XPe10 [XPebR5, room 5]: all'esterno in situ, in senso orario attorno alla finestre, EL e OP rovinati, BAB sullo stipite destro.

Palazzo H

Tutte sul muro esterno nel cortile di fronte al palazzo di Dario; nelle mie diapo, fotografate tutte da destra (W) verso sinistra (E).


A1Pa001: in situ, BAB, preservato solo parte sinistra.

A3Pa2 [A3Pd]: in situ, OP.

A3Pa3 [A3Pc]: in situ, OP.

A3Pa4 [A3Pa]: in situ, OP.

A1Pa1 [A1Pa]: non visibile, non in situ. "On a stone slab found in the courtyard north of Palace H, in front of the north stairway of Palace H, originally part of the same stairway façade that included the corresponding Akkadian text." Preservata solo parte sinistra. Shahbazi 1985: plate XLI.

Sala del trono o dalle cento colonne
(Throne Hall or Hundred-Column Hall)

A1Pb001: non visibile, non in situ. "Foundation inscription on stone slab found in debris of southeast corner (or outer southeast corner) of Throne Hall (Hundred-Column Hall)."

Back 1978: 518, footnote 360, colloca sul muro meridionale della sala dalle cento colonne le due iscrizioni medio-persiane ŠPs-I e ŠPs-II. In realtà sono collocate nel palazzo di Dario, cui rimando.

Acquartieramenti della guarnigione
(Garrison Quarters)

XPf2 XPf3 XPf001 XPh1 XPh01 XPh001 XPh2: tavole squadrate in calcare, non in situ; nella pianta di Chicago, i muri più molto spessi in nero sono "un piano" più in alto. La pianta del piano più basso, a livello con la terrazza, non corrisponde con i resti visibili. I muri spessi sono conservati per un metro forse ma molto rovinati, in terra; delle due stanza parallele al corridoio lungo, sul muro che divide la prima stanza verso E dal corridoio, sul lato interno della stanza ci sono i buchi-intercapedini (vedi mie diapo) ovvero fori rettangolari (posti in verticali) disposti su più file sfalsate. XPh: 2 copie OP, di cui una incompiuta (l'ultima riga scritta inizia da destra e si interrompe a metà, quindi il lapicida incideva da destra a sinistra [Herzfeld 1937: 67; Kent 1953: 151b; Schmitt 2000: 88], 1 copia EL, 1 copia BAB; XPhc è la terza copia OP trovata a Pasargadae a dispetto della sigla. XPf: 4 copie OP, 1 copia BAB (no EL); XPfa "in the south-western corner" dell'harem [Schmitt 2000], XPfb-d [=Chicago XPf2 3 4] "in room 16 of the garrison quarters" [Schmitt 2000], field-number: PT 3 138-140. [Aggiungere altra copia XPf BAB in Steve 1975, StIr, riutilizzata come base di colonna]

Nel museo archeologico nazionale dell'Iran, Tehran, delle 4 tavole esposte, la prima (da sinistra a destra) è XPf OP, poi credo XPf BAB [Nicola Lecchi: DSCF1912.jpg], quindi XPh OP (presumo la copia completa "a") e *XPh EL crepata con le ultime righe vuote [GPB: immagine035-040.jpg, scattate da Chiara Riminucci; l'ultima tavola a destra anche in immagine029.jpg; sicuramente migliori foto in diapo Iran 2003 (un'altra tavola, forse quella di Pasargadae??, ci fu mostrata da Razmjou nei sotterranei del museo); l'altra tavola esposta al museo (Lecchi: DSCF1925-1928) è elamita da Susa ovvero DSz pubblicata in Vallat 1971: rispetto alle foto pubblicate da Vallat (<www.elamit.net/ctml/vrml/dsz.htm>), si nota l'angolo superiore destro della parte frontale che è stato restaurato; misure 33.6 x 33.6 x 8.7 cm].

Cosiddetto Harem di Serse

DPi1, 01, 001: non in situ, "Egyptian blue peg", 3 copie ["several" secondo Schmitt 2000], OP nella riga superiore, BAB e EL si spartiscono quella inferiore. La copia 3 è priva del testo EL in quanto danneggiata. Quello esposto al museo nazionale dell'Iran (foto di Nicola Lecchi: DSCF1921.jpg DSCF1924.jpg; GPB: immagine031.jpg = Schmitt 2000: plate 34 ("collection R. Schmitt" si intende la foto, non l'oggetto), immagine032.jpg, scritto alla rovescia rispetto agli altri) dovrebbe essere copia 1 o 2, confrontare foto con quelle di Schmidt 1957 e Herzfeld 1938 (vedi bibliografia iscrizione Chicago). Nel sito di Chicago non viene visualizzato il testo per nessuna versione, OP in Kent 1953.

(da aggiungere in pianta Chicago) XPi: Schmitt 2000: "Fragment of the inscription on a peg or doorknob of dark blue artificial composition found in the so-called Harem of Xerxes".

(da aggiungere in pianta Chicago) XPf1 [Schmitt 2000: XPfa]: tavola di calcare squadrata. Vedi XPf2 nella sezione "Garrison quarters".

I graffiti

Shahbazi 1977: 203 dà per inciso un'interessante annotazione: i graffiti attestano che in periodo sasanide il piano di calpestio del cosiddetto Harem era ancora quello originario; probabilmente Persepolis non era affatto un cumulo di macerie [sulla distruzione di Persepolis ad opera di Alessandro e l'incendio citato dalle fonti classiche, vedi Borza 1972 e Hammond 1992]. Reperire bibliografia: de la Fuÿe 1928; Calmeyer 1976 [mie diapo graffiti, anche graffito credo in Hadish].

Chronology of the Persepolis Achaemenid Royal Inscriptions

Secondo Shahbazi 1985; si vedano le critiche in Schmitt 2000 (e altre recensioni ivi citate).

Tesoreria
(Treasury)

Tavolette

PT: Cameron 1948 non parla assolutamente del contesto archeologico. Vedi Schmidt, Persepolis II, anche Bowman 1970: 4. La maggior parte delle tavolette fu trovata nella stanza 33 della tesoreria. Vedere Schmidt, Persepolis II.

Iscrizioni aramaiche su pestelli e mortai

La pianta di Bowman 1970 mostra la collocazione dei pestelli e mortai con iscrizioni in aramaico.

Fortificazioni settentrionali
(Northern Fortification)

Tavolette

PF: l'anno scorso Hassan Rasas ci ha indicato come luogo di ritrovamento (facendo riferimento alla memoria storica di suo padre) il punto indicato con il quadratino, mentre secondo Herzfeld è nel punto indicato con il cerchietto. La più recente analisi aggiornata è in Garrison, Mark B. / Root, Margaret Cool / Jones, Charles E., coll. (2001) Seals on the Persepolis Fortification Tablets, Volume I: Images of Heroic Encounter (Oriental Institute Publications 117), Chicago; ISBN 1-885923-12-0 [NA-IUO_StAsiatici IR XX C 15; GPBL-NA fino a p. 61], pp. 23-26. [Lecchi Dscf2610 2611]

Tavolette monolingui aramaiche (in inchiostro): "Il primo rapporto sulle tavolette aramaiche si trova in Herzfeld 1934 pagg. 226-232; in Cameron 1948 pag. 23a e nota 139 troviamo una breve precisazione; ulteriori indicazioni in Bowman pag. 19 con la nota 26 in cui si cita anche il titolo del futuro volume ad esse dedicato" [mia tesi di laurea].

Tomba rupestre meridionale detta di Artaserse II
(Tomb of Artaxerxes II - South Tomb)

A2Pa / A2Pa1 [Kent 1953: A?P; Schmitt 2000: A3Pb]: Marco Loreti mi fa notare che per Chicago è la tomba nord, e anche la pianta sul sito è quella della tomba nord (con 2 letti funerari), mentre le iscrizioni sono sulla tomba sud (con 6 letti funerari). "Captions [trilingual] accompanying figures of throne-bearers on the relief above the tomb of Artaxerxes II." Schmitt 2000: 119 attribuisce con decisione le didascalie e la tomba a Artaserse III su basi paleografiche e filologiche. Io non sono riuscito a vederle, prob. troppo danneggiate (non avevo il binocolo con me). Schmidt, Persepolis III, plates 22-34; Hinz, Altiranische Funde..., plates 41-48.

Fonti classiche

At the eastern side of the Terrace at a distance of four plethra (120 m) from the palace area is the so-called Royal Hill (basilikòn òros) in which are the tombs (tafoi) of the kings. This was a smooth rock hollowed out into a number of chambers in which were te sepulchres of the dead kings. These have non access but receive the sarcophagi of the dead which are lifted by certain mechanical hoists. [Diodorus, XVII 71, 3-8 secondo Shahazi 1977: 205; riportare testo greco]

Altre iscrizioni al di fuori della terrazza

XPl [XP elle -certe lettere andrebbero evitate, sono ambigue-, solo OP; XDNb per Hinz 1969]: ritrovata nel corso dell'aratura in un campo circa 1700 m NNW della terrazza di Persepoli (circa 100 m a sinistra della strada che da Persepoli si dirige a N verso Naqsh-e Rajab) il 24 gennaio 1967. Il testo è pressoché una replica [vedi Schmitt 1996 e 1997], con l'eccezione del nome del re, a DNb, da cui la denominazione proposta da Hinz. "c. 1700 m NNW of Terrace. Hinz:1969, pp. 48-49 (pls. 17-18); Gharib:1968, pls. 15-17". Un frammento di una tavola simile è stato ritrovato nel cosidetto tempio dei Fratarakā, precedentemente attribuito a DNb in Herzfeld 1938: 4-6 [Schmitt 2000: 99]. Chicago: "exemplar 2, lines 6+7+8+3+2, Herzfeld:1938 pl. 5".

Naqsh-e Rostam

Tomba di Dario I

Si faccia riferimento anche all'esaustiva descrizione in Kent 1953: 109.

DNa: iscrizione trilingue, registro superiore della tomba, OP a sinistra del re Dario in piedi sulla pedana (ultime righe, ultimo paragrafo in un riquadro separato), EL a sinistra dell'OP (ultimo paragrafo in riquadro separato), BAB sulla parete laterale sinistra che risulta dallo scasso nella roccia, alla stessa altezza di OP e EL.

DNc: breve iscrizione trilingue al di sopra della figura a bassorilievo di Gobryas (il nome risulta dall'iscrizione), spear-bearer di Dario, nella cornice rilevata del registro superiore della tomba.

DNd: breve iscrizione trilingue al di sopra della figura a bassorilievo di Aspathines (il nome risulta dall'iscrizione), bow-bearer di Dario.

DN I-XXX [Schmitt 2000: DNe per omogeneità; riga = I-XXX]: didascalie trilingui al di sopra delle figure che supportano il trono (throne-bearers).

DNb: iscrizione trilingue nel registro mediano della tomba di Dario. OP a sinistra dell'ingresso; EL a destra; BAB a destra dell'EL (separato da lesena, vedi schizzo). Sotto l'EL c'è la "versione" aramaica.

Sinossi delle tombe achemenidi

Secondo Schmidt, Persepolis III:

no.kingplacevaultscistsinscriptions
IDarius INaqsh-e Rustamthird from left39DNa (upper), b (central),
c-d (legend of spear- and bow-bearer),
throne-bearers
IIXerxesNaqsh-e Rustamfirst from right13no
IIIArtaxerxers INaqsh-e Rustamsecond from left33no
IVDarius IINaqsh-e Rustamfirst from left33no
VArtaxerxes IIPersepolissouth tomb36throne-bearers
VIArtaxerxes IIIPersepolisnorth tomb12no
VIIDarius IIIPersepolisunfinished tomb--no
Altre tombe achemenidi

Gur-e Dokhtar (detta anche "Buzpar tomb" perché nella valle di Buzpar nel distretto di Kazerun) è una tomba attribuita genericamente a Ciro il Giovane; le foto mostrateci da Hassan Rasas in pullman mostrano la sommità triangolare posteriore ricollocata al suo posto (al contrario delle foto in Schmidt, Persepolis III). [Schmidt 1970: 300-302; Stronach, Iran 2, pp. 28-30; Stronach 1978: 300-302; Matheson 1972: ++]

Takht-e Rustam (detta anche Takht-e Gohar), in località Dasht-e Gohar utilizzata come sosta dai nomadi, consiste in due piattaforme sovrapposte compatibili con le misure dei gradini della tomba di Ciro a Pasargade. Da alcuni è considerato come il basamento della tomba incompiuta di Cambise II, figlio di Ciro il grande. Nei dintorni si trovano le basi di colonna di un supposto palazzo achemenide [Tilia 1978: ++ and plate XLI; plan: fig. 3]. Nelle foto qui sotto, il podio prima e dopo il restauro. [Vedi Schmidt 1970: ++, anche per altre tombe di periodo achemenide non reali.]

Akkur-e Rustam: cinque cavità nella roccia di circa 1 x 1m a diverse altezze (5-10 m) dal suolo sul fianco della montagna Kuh-e Rahmat, di fronte al villaggio di Gashak, 8 km a sud di Persepolis. A parte la prima cavità a sinistra che poteva contenere al massimo un ossario, le altre dovevano avere la funzione di tombe ad inumazione. L'apertura della quinta cavità è fiancheggiata da due lesene con capitello a doppia protome bovina (come nelle tombe reali achemenidi o, a tutto tondo, nelle colonne dell'apadana) che datano presumibilmente tutto il complesso al periodo achemenide. [Vanden Berghe 1953: 6-7 and plate IV; Matheson 1972: 233. Foto in Trümpelmann 1992: 19]

Ka'aba di Zoroastro

Iscrizioni sasanidi

ŠKZ: sulla Ka'aba di Zoroastro abbiamo l'iscrizione trilingue di Shapur I, ognuna delle tre versioni su un diverso lato della costruzione (escluso il lato settentrionale con la scala d'accesso), a pochi metri di altezza rispetto all'antico piano di calpestio ovvero facilmente leggibili. Sul lato occidentale è incisa la versione partica; sul lato meridionale quella greca; sul lato orientale quella medio-persiana.

KKZ: sul lato orientale abbiamo anche (sotto la versione medio-persiana di Shapur e verso sinistra) l'iscrizione di Kartir solo in medio-persiano.

Falesia rupestre

Iscrizioni sasanidi

KNRm: l'iscrizione di Kartir sulla ka'aba (KKZ) è ripetuta (diversificandosi però sostanzialmente nel finale) sempre su lunghe linee nell'angolo inferiore destro del rilievo di Shapur (n. 10 dello schizzo; vedi Back 1978 figura in fn 283, p. 513), quello a sinistra della tomba di Dario I; al di sopra dell'iscrizione spunta il mezzobusto di Kartir, alle spalle del cavallo di Shapur.

ANRm-a e ANRm-b: nel rilievo di Ardashir I (il primo della serie all'estrema sinistra) sulla *pancia dei cavalli di Ardashir (a, *a sinistra) e Ahuramazda (b).

Altra iscrizione su masso Hussain-Kuh in Kleiss 1976.

Iscrizioni islamiche

Pasargadae

  1. The Tomb of Cyrus
  2. Gate R
  3. Palace S
  4. Palace P
  5. Stone water channels
  6. Pavilion A
  7. Pavilion B
  8. The Bridge
  9. The Zendan
  10. The Sacred Precint
  11. The Tall-i Takht
  12. The outer fortifications of the Tall-i Takht
  13. Area with scattered Achaemenian surface pottery
  14. Tall-i Khari
  15. Tall-i Seh-Asiab
  16. The Caravanserai

Palazzi

Per quel che riguarda le iscrizioni di Ciro, Kent 1953 è alquanto impreciso e parla genericamente di un "palace".

CMa: Kent 1953: "5 or more copies of a trilingual inscription, OP two lines, Elam. and Akk. one line each, on column and pillars of the palace [Palace S, no. 3 of the plan]". 2 copie in situ sui due pilastri che si ergono ancora nel complesso 3 della mappa; la stessa iscrizione si trova sopra il famoso genio alato che si trova in situ nel complesso 2 della mappa, però la parte superiore manca e non c'è (più?) l'iscrizione.

CMb: Kent 1953: "A number of small fragments of a trilingual inscription, OP at least 6 lines, Elam. and Akk. 4 lines each, which stood above the royal figure in the doorways of the palace [??]".

CMc: Kent 1953: 107: "A trilingual inscription, each version in one line, on the folds of the king's garments in the doorways of the palace [Palace P, no. 4 of the plan]; the OP text now entirely destroyed". Foto 123_2318.jpg di Marco Loreti dove si legge a sinistra elamico ku-ráš GAM.EŠŠANA ir(manca primo cuneetto orizzontale)-šá-ir-[ra] GAM(manca parte superiore).[h]a-ak-man-nu-ši-ya-ra; nel risvolto a destra c'è testo babilonese. Su determinativo GAM in elamico, vedi mia tesi di dottorato.

Tall-e Takht

XPhc [per la sigla, vedi sezione "Garrison Quarters" di Persepoli]: Stronach 1978: 152 e plates 122, 123 e 161. L'angolo superiore sinistro (guardando il fronte della tavola) è stato successivamente fortemente arrotondato fin verso la metà dei due lati. XPhc fu ritrovata "in the middle of the K trench, at a point just over 35 m east of the B drain", nella parte orientale del Tall-e Takht (n. 10 nella pianta generale di sinistra con est in alto). La pianta mostra la parte orientale del Tall-e Takht con il nord in alto (ambedue da Stronach 1978); la trincea è facilmente riconoscibile in basso a destra nella foto aerea (che non rende merito alla massiccia elevazione della struttura).

Tomba di Ciro

L'iscrizione riportata da Arriano; discussione in Stronach 1978.

Iscrizioni islamiche

Compasso-bussola

Dintorni

Iscrizioni sasanidi

Vedere Stronach 1978: 163-165, "Sasanian rock-cut monuments", and plate 137, fig. 83.

Naqsh-e Rajab

Pianta dettagliata in Kleiss 1976.

Iscrizioni sasanidi

ŠNRb: iscrizione di Shapur sul petto del cavallo del rilievo di sinistra.

KNRb: iscrizione di Kartir in un riquadro (con il busto di Kartir sulla sinistra volto a destra e la mano alzata che indica l'iscrizione subito a destra) a sinistra del pannello centrale, in un anfratto un po' più arretrato.

Iscrizioni islamiche

Nel rilievo di sinistra, in alto a destra.

Qadamgah

Il monumentale intaglio rupestre di Qadamgah si trova a 50 km a sud-est di Persepolis, sulla punta meridionale del Kuh-e Rahmat, a nord del villaggio di Shast Khar; si può raggiungere seguendo il fianco occidentale della montagna ma, anche se più lungo, il percorso usuale prevede di aggirare il massiccio montuoso verso nord poi girando sul lato orientale poco dopo aver oltrepassato Istakhr [Boucharlat 1979: 154; vedi anche mappa in Kleiss 1976].

L'intaglio è costituito da due ripiani ("terraces") profondamente incavati nel fianco della montagna, collegati da due rampe laterali di 17-18 gradini. Sulla parete di fondo del ripiano superiore (largo 20.3 m, profondo 15.2, 4.25 m al di sopra del ripiano inferiore, a sua volta a 3.3 m di altitudine rispetto alla piana) si trovano 5 file verticali di nicchie rettangolari; Boucharlat (che precisa subito di non essere stato sul posto) non può chiarire se ogni fila verticale sia composta da 2 o 3 nicchie sovrapposte perchè le descrizioni sono discordanti. La lavorazione della roccia è chiaramente incompiuta e la mancanza di rilievi da sottoporre ad analisi stilistiche ha fatto avanzare diverse ipotesi sulla funzione dei due ripiani, in particolare quella di un santuario all'aria aperta o di un monumento funerario. Vanden Berghe dopo aver sostenuto la seconda [in Vanden Berghe 1953] è passato alla prima [come riferisce Boucharlat 1979: 157-158, footote 15-16]. In realtà non c'era davvero bisogno della dettagliata comparazione di Boucharlat 1979 per capire che si tratta di una tomba rupestre [infatti vedi la lampante sobrietà in Shahbazi 1977: 206] confrontabile con quelle reali di Persepoli: basta guardarne una foto. Le file verticali di nicchie (indipendentemente dal numero di file orizzontali che peraltro potrebbe essere facilmente chiarito da una ricognizione sul posto) sono chiaramente gli scassi corrispondenti alle 5 rientranze separate da lesene che troviamo sulle facciate delle tombe achemenidi; la rientranza centrale sarebbe poi stata occupata dall'ingresso alla camera funeraria.

La notevole distanza da Persepolis invita Boucharlat a rigettare la possibilità che si tratti di una tomba reale, propendendo per la sepoltura di un qualche nobile persiano o principe post-achemenide. Tuttavia, se la tomba è incompiuta e priva di rilievi, lo scasso nella roccia fu portato a termine e mi sembra che tale lavoro abbia comportato un notevole sforzo, compatibile solo con le ingenti risorse di chi detiene il potere politico. Nella tomba incompiuta di Persepoli [Kleiss & Calmeyer 1975] il lavoro al programma figurativo fu incominciato ben prima che lo scasso nella roccia fosse finito (come testimoniano le file di "parapetti" rimasti in situ), quasi a sincerarsi subito della qualità della roccia (se fu questa la motivazione che portò all'abbandono dell'opera); a Qadamgah ci troviamo di fronte ad una situazione inversa. Ambedue i monumenti ci danno informazioni molto precise sulla pianificazione dei lavori e sulle tecniche di incisione della roccia. Ciò che manca a Qadamgah è il contesto, che dovrà essere chiarito in ulteriori ricognizioni: la tomba incompiuta è davvero isolata? nella piana ai suoi piedi non vi è traccia di alcuna struttura architettonica? qual'è l'orientamento della tomba, particolare non riportato nè da Vanden Berghe nè da Boucharlat? è paragonabile a quello della tomba incompiuta di Persepoli, a sua volta così diverso [tale da richiedere una posizione così particolare??] da quello delle altre due tombe rupestri?

Matheson 1972: 233: "Here, directly above a small spring, are two rock cuts stairways linking two terraces cut vertically into the rock. Along the back wall of the second terrace are three rows of five niches, badly damages. Vanden Berghe suggests that this was an Achaemenian fire-cult monument, although others think it represents an unfinished tomb". Riguardo al contesto del monumento, l'unico particolare citato nella descrizione della Matheson è la presenza di una piccola fonte, fatto direi molto rilevante. Tale descrizione, prima di reperire i riferimenti bibliografici a Vanden Berghe 1953 e Boucharlat 1979), mi aveva fatto pensare alla collocazione del rilievo elamita di Kurangun, in particolare alla scala intagliata nella roccia che dà accesso al ripiano del rilievo; tuttavia mi sembra chiaro che la funzione stessa della scala è completamente differente. Per inciso, le figure intagliate sul fianco roccioso in corrispondenza della scale di Kurangun mi fanno pensare ai rilievi sulle scalinate d'accesso all'apadana di Persepolis.

Etimologia del toponimo: si riferisce esclusivamente al taglio nella roccia o prende il nome dalle vicinanze?

Hamadan

Area archeologica e museo

AmH (Ariaramnes, OP only, 10 lines, gold tablet, originally trilingual), AsH (Arsames, OP only, gold tablet in three pieces), DH (trilingual, two copies with slightly different line division, gold and silver plate, Kent 1953: "now in Tehran") e XH (OP only, one line, fragment of a silver pitcher) e A2Hc (OP only, 20 lines, gold tablet): tutte ovviamente non in situ.

Nel nuovo museo di Hamadan è esposto un grosso frammento di base di colonna che dovrebbe essere A2Ha (trilingual, Kent 1953: "reported to be in private possession in England") o copia "b" ("OP only, in one long line"): devo verificare su mie diapo [no in foto Lecchi] ma prob. la seconda.

Ganjnameh

Il nome della località significa "il libro del tesoro" e si riferisce alle iscrizioni achemenidi che, secondo la tradizione, contengono le indicazione per raggiungere un tesoro.

DE a sinistra poco più in alto e XE a destra ["E" da Elvend, il monte che si erge alle loro spalle]: su una vasta parete levigata credo naturalmente, nei pressi di un corso d'acqua che proviene, 100 m sulla destra, da un'alta cascata); particolare la riquadratura incassata nella roccia; copia ben fatta nel museo di Hamadan.

Il leone di Hamadan

Vedere Luschey 1968 e Nadjmabadi ∧ Gropp 1968; EncIr online e Matheson 1972.

Il mausoleo di Esther e Mardocheo

Idem.

Kangavar

"In 1968 an Iranian team conducted some archaeological excavations in the vicinity of the Anahita Temple. Somehwhat later the residential areas around the site were purchased and levelled to expand the excavation area to allow a comprehansive plan of the Temple and its precinct. The archaeological investigations indicated that the site [= the terrace ??] is about 230 m long and 210 m wide. The site's highestpoint on the southeastern corner is 32 m high and the width of the surronding wall is 18.5 m [??]. Further investigations revealed that along the western, eastern, and southern parts of the Temple there had been a series of pillars on the exterior part of the buliding, which originally were 35.4 m high [sic, obviously 3.54 m, see Azarnoush 1981: 80] and consisted of three parts: shaft, plinth and capital." [<http://www.derafsh-kaviyani.com/english/anahita.html>; tratto credo da Azarnoush 1981; vedi anche Kambaksh Fard 1973 e 1976]

Bisotun

Il massiccio montuoso di cui Bisotun costituisce una falesia è il Kuh-e Parru [Bernard 1980: 324], lo stesso in cui, ++ km più ovest, sono incavate le nicchie di Taq-e Bostan. La visita è subito calamitata dal rilievo di Dario, solo successivamente ci si potrà dedicare al resto: oltre il rilievo, l'enorme parete sbancata dai sasanidi del Tarash-e Farhad; prima, i rilievi partici in parte obliterati da un'iscrizione islamica, la statua dell'Ercole disteso con una coppa in mano e il solitario blocco con figurazione partica. In Kleiss 1970 si può trovare una completa ricognizione della zona subito a est del rilievo di Dario, che costituiva il recinto del tempio di Ercole in periodo seleucide, partico e sasanide secondo Bernard 1980: 319-321. La trattazione classica dell'area archeologica è Luschey 1974, ma anche Luschey 1968 e Luschey, Bisotun su EncIr. Sui capitelli sasanidi di Bisotun oggi a Taq-e Bostan, vedi Luschey 1968 [ottime foto Lecchi].

Rilievi partici: sono due figurazioni, la prima di Mitridate II (123-87 a.C.) e la seconda di Gotarze II (circa 50 a.C.) che vince il rivale Meherdate [Bernard 1980: 318]. Il masso partico riporta un rilievo molto rozzo raffigurante una vittima sacrificale su un altare con un'altra figura umana vicino; il nome nell'iscrizione è stato letto come Vologases [Gropp & Nadjmabadi 1970: 200-201; Luschey, EncIr p. 293].

DB: la collocazione del rilievo di Dario I a Bisotun è molto diversa da come l'avevo sempre immaginata. Nelle foto riportate dai libri, la superficie corrugata della roccia sembra formare, per quanto irregolare, un'unica parete perpendicolare all'osservatore; in realtà l'iscrizione è posta di sbieco rispetto a tale virtuale parete, in corrispondenza di una vistosa spaccatura o rientranza della montagna (una forra). La parte inferiore (e più incassata nella roccia) della spaccatura è oggi occupata dalla scala in ferro che permette di salire al ripiano subito al di sotto della nuova versione elamica e della versione antico-persiana. Purtroppo non ho nessuna foto (tranne una diapositiva) scattata dal livello della moderna strada, comunque la visibilità del rilievo è radicalmente diversa rispetto a quella frontale della parete sasanide del Tarash-e Farhad (foto qui sotto a destra), al di là delle diverse dimensioni (ben 200 x 35 m quest'ultima).

Prof. Callieri faceva notare come tutta la tradizione dei rilievi rupestri dell'Iran preveda la presenza di acqua corrente nei paraggi; in questo caso la forra poteva anticamente essere attraversata da un corso d'acqua in forma di cascata (cosa che credo possa essere facilmente rilevabile), in maniera simile a quanto avviene a Ganjnameh dove a fianco di una cascata troviamo le due iscrizioni di Dario e Serse. Ai piedi dell'iscrizione di Dario a Bisotun si trova oggi un grazioso laghetto (da quale acqua è alimentato oggi?? esisteva anticamente??) con un albero su un'isoletta.

In Luschey 1968 e Kleiss 1970: 134 (in basso a sinistra; si noti anche il laghetto "Quellsee" al centro del bordo inferiore) ho trovato due piante dettagliate di diversa scala (attenzione all'orientamento leggermente diverso) che mostrano chiaramente la spaccatura nella roccia:

Iscrizione greca

L'aura sacrale di Bisotun si è mantenuta in periodo seleucide con la dedicazione del luogo a Ercole (Bernard 1980), come attesta una statua dell'eroe databile, grazie all'iscrizione greca alle sue spalle, al 149 a.C. L'iscrizione è pubblicata in Robert 1963: 76 (Bernard 1980: 313, nota 41). Il leone a bassorilievo su cui poggia la statua di Ercole è stato attribuito al periodo medo da Stronach ma potrebbe essere anche elamita (disegno da Kleiss 1970: 146). Vedere anche Vanden Berghe 1983 e Potts 1999: 373 con ulteriori rimandi bibliografici: "...image carved for Hyakinthos, son of Pantauchos, in honour of Kleomenis, the local Seleucid governor and dated ... to 148 BC". Luschey ribadisce che la collocazione del rilievo è da porre in relazione alla fortezza meda di Sikayavautish [Luschey, EncIr, p. 291] ma Bernard 1980: 322 smentisce chiaramente questa ipotesi per collegarla al luogo di culto...

Iscrizioni islamiche

Il rilievo partico di Mitridate II è stato obliterato da un'iscrizione datata 1094/1684-85 di Shaikh 'Ali Khan Zangana, che fece costruire anche il nuovo caravanserraglio [Gropp & Nadjimabadi 1970; Luschey, EncIr p. 293].

Firuzabad

Iscrizioni sasanidi

MNFd: Tang-e Ab: Back 1978: 498, p. 520 fn. 367. Non fa riferimento al rilievo, ma al ponte! Ecco perché è lontana dal rilievo di investitura di Ardashir II (credo).

Bishapur

Iscrizioni sasanidi

Colonna di Shapur [foto Lecchi]; iscr. su colonna al museo [foto Lecchi].

Altri siti

Hussain-kuh: foto in Trümpelmann 1992: 24. AMI NF 1976, Kleiss. Colonnetta sul ciglio di Naqsh-e Rustam (cioè Hussain Kuh): supporto per urna funeraria [Trümpelmann 1992: 21, Abb. 36a, b].

Qal'e Dokhtar: Huff 1971 e 1978, da cui ricostruzioni in Trümpelmann 1992: 65.

Grotte di Karafto: situate a ovest di Takab (la località da cui si raggiunge generalmente Takht-e Suleiman) sono costituite da un dedalo di locali artificialmente incavati nella roccia. Sul passaggio che collega il vestibolo J alla camera A [Bernard 1980: 305] si trova la seguente iscrizione greca, una delle più antiche dell'Iran:

Ἡρακλῆς [ἑ]ν[θ]άδε κατοικεῖ.
Μηθὲν εἰσέλθοι κακόν.

Héraclès habite ici.
Halte à tout mal. [Bernard 1980: 304; disegno in von Gall 1978: 91]

Von Gall pone l'iscrizione in relazione con il santuario di Eracle del monte Sambulos [von Gall 1978], presso il quale secondo Tacito (Annali XII 13) il re parto Gotarze sconfisse nel 50 d.C. il suo rivale Meherdate [Bernard 1980]. Bernard invece precisa che tale iscrizione è nota in tutto il bacino del Mediterraneo con il semplice valore di avviso apotropaico in relazione a contesti abitativi, mai religiosi [Bernard 1980: 304-305]; le grotte saranno quindi state sede di qualche distaccamento greco incaricato di presidiare il confine settentrionale della Grande Media, a due passi dal confine con la Media Atropatene, al di là del vicino fiume Saruk-rud [Bernard 1980: 308]. All'interno, secondo Rawlinson che vi si recò nel 1838, si trova una fonte di "acqua deliziosa". Per quel che riguarda il monte Sambulos, vedi l'Eracle di Bisotun.

Sultaniyeh: costruita fra il 675 e il 685 A.H., la cupola misura 51 m di altezza e 24 m di diametro [Askarian 1976]. (Pantheon di Roma per confronto: il diametro di m. 43.44 è pari all’altezza da terra della cupola emisferica che lo ricopre, è illuminato da un oculo centrale di m. 8.92 di diametro; cupola di san Pietro in Vaticano: "La volta è alta 44 metri. Un'arcata della navata centrale è alta m. 23 (quasi quanto l'obelisco della piazza). La cupola, all'interno, è alta m. 119: la lanterna più di 17 metri. Il suo diametro è di 42 metri, un po' meno del Pantheon")

Esfahān, Atesh-gāh [= "il luogo del fuoco"]: vedi Siroux 1965. Robert Ker Porter visitò Esfahān al principio del XIX sec. e, contemplando l'orizzonte occidentale dalla terrazza alta del palazzo di Ali Kapou, notò "an insulated hill, rising high, in conical shape and forming a very conspicuous object amongst the crumbling mounds at its foot" [Siroux 1965: 40]. Questo passo, incontrato successivamente, mi ha colpito perché dalla stessa terrazza, per puro caso, anch'io ero stato colpito dalla solitaria, seppur minuta per la lontananza, intaccatura dell'orizzonte, come testimonia la mia foto "immagine 125.jpg". Per "terrazza" intendo il pianerottolo superiore sul retro del palazzo, in cima alle scale che permettono di accedere alla sala della musica. Siroux fornisce alcune ricostruzioni davvero impressionanti per la mole dei progressivi terrazzamenti che rivestivano tutta la collina formando un maestoso palazzo che si elevava per 86 m dalla piana. [foto aeree in Trümpelmann 1992 e Siroux 1965, plate XVII, 3: ambedue davvero molto belle]

Iscrizioni sasanidi

Maqsudabad: about 12 km. from Persepolis... two pahlavi inscriptions dealing with the ownership of the spring are carved into the face of the mountain [Matheson p. 233]. [Non sono riportate da Gropp 1969, mi sembra, almeno i nomi dei luoghi sono diversi.

Hajjiabad: EncIr online; località iscr. in mappa A.B. Tilia; Genito 1997. Sigla: ŠH.

Altre iscr. "private" in Gropp 1969.

Riferimenti bibliografici

*: da ricontrollare per sicurezza; [...]: sigla usata in Shahbazi 1985; tra virgolette citazioni da ACHAEMENID ROYAL INSCRIPTIONS, University of Chicago, <http://www-oi.uchicago.edu/OI/PROJ/ARI/ARI.html>. In attesa di indicare tutte le fonti iconografiche, la maggior parte delle piante (escluse quelle di Persepoli che sono da Chicago) e delle incisioni (di Flandin & Coste) sono scansionate da Dutz & Matheson 1997; le foto aeree (a parte quelle schedate da Chicago) da Trümpelmann 1992.

Askarian [senza nome] (1976) 'La coupole de Soltanieh', Traditions architecturales en Iran, 2-3 (Printemps 1976), pp. 66-67.

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Napoli, 13/X/2004