(29/III-5/IV/2005) Aggiornamento nella voce 'Puledro impennato'.
(17/II/2005) Correzioni di stile.
(5-6/II/2005) Aggiunta voce 'Ent'; aggiornamento nelle voci 'Baggins', 'Cactaceo', 'Mezzuomini', 'Decumani' e 'Mathom'.
(3/II/2005) Aggiornamento nelle voci 'Ucorni', 'Le due torri' e 'Smog'.
(30/I/2005) Aggiornamento nella voce 'Sabbioso'.
(28/I/2005) Aggiunta voce 'Tronfipiede'; aggiornamento nell'espressione 'Era questa la nostra casa?' nella sezione dedicata a Lo hobbit.
(26/I/2005) Qualche correzione di stile.
(25/I/2005) Aggiornamento nelle voci 'Cactaceo', 'Gaffiere' e 'Colle Vento'; aggiunte le voci 'Sabbioso', 'Le due torri', e la critica al paragone con Melkisedek di Zolla.
(21/I/2005) Aggiornamenti nelle voci 'Granburrone', 'Luoghi Lontani', 'Tumulilande'; aggiunta voce 'Chiane Ditteri' e nota sulla traduzione italiana de Lo Hobbit.
(16/I/2005) Aggiornamenti nelle voci 'Spettro dei Tumuli', 'Vermilinguo', 'Luoghi lontani', 'Ovesturia' e 'Tumulilande'.
Prime voci analizzate nel gennaio 2004; introduzione e ampliamenti 20/XII/2004 - 13/I/2005.
Saranno graditissime (e inserite nel testo) le opinioni e idee dei lettori.
Con 'edizione italiana' faccio riferimento al testo de Il signore degli anelli precedente alla revisione della Società Tolkeniana Italiana.
Il signore degli anelli è un libro che non ha bisogno di alcuna introduzione. Dispiace trovare nell'edizione italiana quella di Elémire Zolla, e di trovarla ristampata anche dopo che la pubblicazione delle lettere di Tolkien ne ha smentito la sostanza e le singole argomentazioni.* Certo Il signore degli anelli è un libro cui non basta un traduttore: oltre a Vicky Alliata, l'edizione italiana ha anche un curatore, Quirino Principe. L'introduzione di Zolla chiarisce almeno certe scelte del curatore e del traduttore: costoro hanno trattato la narrazione alla stregua di una fiaba, forse perché del saggio di Tolkien Sulle storie di fate (On fairy-stories) era stato letto solo il titolo (vedi Introduzione, p. 6, nota 1). Di fiabesco ne Il signore degli anelli c'è ben poco, a partire dalle dimensioni della narrazione stessa. Il signore degli anelli appartiene al genere mitologico ed epico. Mentre la fiaba è qualcosa di palesemente inventato, la mitologia ha la pretesa di interpretare e fondare la realtà. Anche il pubblico è diverso: se non bastasse il suddetto saggio, nelle lettere (pubblicate successivamente all'introduzione di Zolla, a sua parziale discolpa) Tolkien afferma esplicitamente di non essere interessato ai bambini (Letters, n. 163, p. 216; n. 215, p. 297; n. 234, p. 309-310).
L'impostazione fiabesca di Zolla si riflette particolarmente nelle traduzioni di antroponimi e toponimi. Qui, per così dire, la colpa è in parte di Tolkien, il quale dà precise indicazioni ai suoi traduttori affinché certi (ben determinati) antroponimi e toponimi vengano tradotti. Fa parte della finzione ('Naturalmente, un manoscritto', avrebbe detto poi Eco introducendo Il nome della Rosa [si vedano anche le 'Postille']) per cui alcuni nomi propri originali in elfico, parlata comune e altre lingue antiche sono stati tradotti in inglese (Appendix F, II, On translation) dal traduttore dell'antico Red book of Westmarch 'Libro Rosso dei Confini Occidentali' (Prologo, p. 39-41). Quindi, diventando complici della finzione, i veri traduttori dovrebbero continuare a tradurre tali nomi. Le indicazioni di Tolkien, versato in buona parte delle lingue europee, sono raccolte in Guide to the Names and Places in The Lord of the Rings (citato anche come Notes on Nomenclature to assist translators). Il curatore e il traduttore dell'edizione italiana, pur non citandolo espressamente (ad esempio nella 'Nota del curatore', pp. 21-22), dovevano averlo, come vedremo, ben presente.
Tolkien era consapevole dell'importanza della nomenclature nell'opera di sub-creazione di un mondo secondario (ad esempio, si veda Letters, n. 297; n. 131, pp. 143-144; n. 165, p. 219: 'a name comes first and the story follows'). Infiniti furono i suoi sforzi nell'inventare nomi propri consoni all'ambiente e ai personaggi, tanto da sviluppare delle vere e proprie lingue artificiali in modo da fornirne un coerente retroterra etimologico. Il risultato è sorprendente, in quanto Tolkien riuscì a coniugare mirabilmente l'omogeneità linguistica con l'aspetto eufonico e fono-estetico (vedi Letters, n. 347, p. 428; n. 131, p. 143: 'interested in linguistic aesthetics').
Nomi tradotti come Grampasso e Granburrone non sono degni di Omero o di un'esposizione della creazione del mondo. Questo tenore di traduzione "fuori tono" è da imputare al curatore e al traduttore dell'edizione italiana. D'altronde, tradurre certi nomi dall'inglese, significa snaturare quel sub-mondo che, a detta dello stesso Tolkien, è strettamente connaturato e modellato sull'ambiente britannico (ancora Letters, n. 131, p. 144). Bene ha fatto quindi il nostro curatore a mantenere il cognome Baggins per Bilbo (Nota del curatore, pp. 21-22), contro la volontà dell'autore (Guide to the names, voce 'Baggins'); peccato che questa scelta non sia stata messa in opera coerentemente (ad esempio, la via di Bilbo che da Bagshot Row diventa via Saccoforino, p. 48, e l'assurdo 'Casa Baggins' per 'Bag End'). L'indice dei nomi propri, di cui i lettori italiani sono stati privati silenziosamente tanto da non sospettarne neppure la presenza nella versione originale inglese, sarebbe stato la sede giusta per tentare o spiegare traduzioni, adempiendo così alla volontà di Tolkien che aveva trasmesso ai lettori inglesi i significati dei nomi.
Pur non volendo trasformare le nebbiose e sterminate brughiere della Terra di Mezzo in un'Italia peninsulare e mediterranea, mi sono cimentato anch'io nella ricerca di un compromesso nelle traduzioni di alcuni nomi propri. Mi sono reso conto che non bisogna sforzarsi di tradurre in italiano la traduzione inglese, ma cercare di tradurre il termine elfico originario, ad esempio Imladris, così come Rivendell ne è la traduzione in inglese. Sono convinto che confronti funzionali con l'onomastica e toponomastica attestate in Italia (usando rispettivamente le basi di dati di <www.paginebianche.it> e <www.heavens-above.com>) possano portare a ottimi risultati.
* Certe affermazioni di Zolla sono discutibili anche senza ricorrere alle lettere di Tolkien. Ad esempio: 'I personaggi sono come Melkitsedek [Ebrei 7,3; vedi anche Genesi 14], senza padre né madre, anche se si occupano intensamente di genealogie; non sai di dove traggano sussistenza: sono fisionomie peraltro inconfondibili in mondi senza data' (Introduzione, p. 9). A parte il fatto che non mi sembra possibile disconoscere l'evidenza degli alberi genealogici posti in appendice, tutta l'opera è tessuta attorno alle premesse genealogiche dei protagonisti: il lato Took di Frodo o Aragorn che è figlio di re sono solo gli esempi più banali; altri (come i casi di Galadriel e Elrond) affondano le loro radici in generazioni che risalgono ai tempi del Silmarillion. Frodo è senza padre e madre perché orfano (ovvero i genitori di Frodo non servivano vivi da un punto di vista narrativo, al contrario del padre di Sam Gamgee), ma san Paolo non voleva certo dire che Melchisedek era orfano! L'interesse genealogico e cronologico è una peculiarità dell'opera tolkeniana che la distingue nettamente dalle fiabe in genere: dà un quadro coerente e STORICO ai personaggi, ricalcando in modo fittizio lo scopo della genealogia di Gesù all'inizio del vangelo di Matteo. Un personaggio davvero 'senza padre nè madre' è Gandalf, e solo in questo caso il paragone con Melkisedek appare sensato e stimolante.
Nomi di persona, gruppi e titoli
- Baggins (cognome): mantenuto nell'edizione italiana. Se volessimo seguire la volontà di Tolkien, potremmo ricorrere ai cognomi italiani Borselli (in modo da preservare l'allitterazione con Bilbo), Borsari o Sacconi. Casa Baggins della traduzione italiana vorrebbe equivalere a Bag End, nome che implica l'idea di un cul de sac 'vicolo cieco' essendo la casa presso cui termina la via; forse si potrebe rendere Bag End con Fondo del Sacco (non disdegnando il doppio senso 'fondo' = 'possedimento, podere'). E' chiaro che l'elemento bag 'sacco, borsa' andrebbe mantenuto sia nella traduzione di Baggins che Bag End e Bagshot Row. Nell'edizione italiana quest'ultimo nome è tradotto (non so per quali ragioni) con via Saccoforino; shot fa riferimento alla terra di riporto prodotta dallo scavo di Bag End e 'gettata' ai piedi del colle nel quale sono state ricavate le tane (holes) Hobbit che si affacciano sulla via (Guide; vedi anche L'atlante della Terra di Mezzo, pp. 118-119, e il disegno di Tolkien a p. 33 dell'edizione Adelphi de Lo Hobbit; row significa 'linea, fila' e come designazione toponomastica indica una via, spesso stretta, sui cui lati si trovano file di abitazioni: a Napoli direbbero 'vico').
Ne Lo Hobbit, Bag-End (con il trattino) ricorre quattro volte. La traduzione italiana riporta in corrispondenza 'Casa Baggins, Vicolo Cieco' (p. 28 in alto, p. 256 e p. 337 dell'edizione Adelphi) tranne a p. 244 dove troviamo solo 'casa Baggins' (si noti l'iniziale minuscola).
Baggins è una versione del cognome Hobbit originario Labingi, posto in relazione al termine labin 'bag' della parlata comune (HoMe 12, p. 48 e 50, commento a p. 69, §47). Bilba Labingi è dunque il vero nome di Bilbo Baggins; la -a finale del nome rappresenta una forma maschile per gli hobbit, anglicizzata con -o da Tolkien (RK, Appendix F, p. 518). Il capostipite della famiglia Baggins era dunque senza dubbio Balba Labingi. Frodo invece è una versione inglese mediata dall'antico germanico frōd 'wise by experience' 'saggio per esperienza'; il vero nome era Maura (HoMe 12, p. 50 e commento a p. 69, §49; Letters, n. 168).
- Barbalbero Treebeard. La traduzione italiana ha un aspetto fono-estetico ben riuscito, ma non corrispondente all'originale inglese, pur rappresentandone una corretta traduzione letterale. Propongo Troncocanuto (interpretando la barba beard come segno di venerabile vecchiaia; 'tronco' al posto del letterale 'albero' per mantenere i suoni duri /tr/ di tree). Il nome in elfico (Sindarin) di Treebeard è Fangorn, da fanga 'beard' and orne 'tree'.
- Cactaceo, Omorzo: Barliman Butterbur nell'edizione inglese. Il 'signor Cactaceo' appartiene ormai alla storia italiana di Tolkien. Omorzo (uomo + orzo) traduce Barliman ovvero barley man 'l'uomo dell'orzo' (con riferimento direi al malto della birra; in italiano mi orienterei verso nomi di grandi bevitori come Bacco o che richiamano per somiglianza fonetica l'alcool o l'atto del distillare). Butterbur è il farfaraccio (Petasites vulgaris, vedi foto), una pianta erbacea con foglie grandi e pelose, stelo grasso e alto (si noti che tutti gli abitanti di Brea hanno nomi botanici). In inglese sono evidenti gli elementi butter 'burro', che Tolkien raccomanda di tradurre nella lingua di destinazione (se possibile nella forma presente in un qualsiasi nome di pianta), e bur(r), che indica sia la pianta 'lappolo, bardana', sia il riccio della castagna, sia il nodo di una pianta che una persona appiccicaticcia (secondo il dizionario Hazon dell'editore Garzanti); si noti che il significato di persona noiosa è attestato in italiano proprio per il termine 'lappolo'! La versione italiana Cactaceo sostituisce i suoni /b/ con /k/ e richiama l'idea di una persona scontrosa e irascibile mentre Tolkien voleva insistere sull'adiposità del locandiere (vedi ad esempio a p. 224: 'un oste basso e grasso che si ricorda soltanto del proprio nome perché la gente glielo grida dalla mattina alla sera'). I primi nomi assegnati da Tolkien al locandiere furono Timothy Titus e Barnabas Butterbur (HoMe 6, cap. VIII, 'Arrival at Bree'), nomi chiaramente derivati dai collaboratori di san Paolo e poi ritenuti inopportuni per un simile personaggio; potrebbero però riflettere una concezione originaria diversa del personaggio stesso.
Grazie alla pubblicazione delle prime stesure dell'appendice F de Il signore degli Anelli, molto più ampie della versione definitiva, sappiamo anche il vero nome in parlata comune soggiacente, nella finzione di Tolkien, alla versione inglese Barliman Butterbur: Barabatta Zilbirapha (zibil 'butter' e raph(a) 'burr'). In quel momento il nome di Butterbur era Barnabas (il cambio in Barliman fu tardivo, vedi HoMe 9, p. 78) e Tolkien notava che si tratta di una forma anglicizzata per somiglianza fonetica, senza corrispondenza con il significato di Barabatta che, abbreviato in Batti, è un nomignolo per 'quick-talker, babbler' (HoMe 12, p. 52). Il parroco di san Martino a Bologna era soprannominato Mitraglia per la sua capacità di celebrare una messa completa di omelia in 12 minuti.
- Ent: mantenuto in italiano. Ent è una parola antico-inglese che significa 'gigante' (HoMe 6, p. 205, 'Note on the Entish Lands'). In elfico (Sindarin) gli Ent sono detti Onodrim; il suffisso rim forma il nome collettivo (plurale generale); la forma plurale del singolare onod è enyd (Letters, n. 168). Il significato di onod è oscuro; gli Ent sono definiti come 'pastori degli alberi' ('giant shepherds of the trees' nelle parole di Aragorn [TT III 5]) ma questa definizione non è correlata esplicitamente al significato di Onodrim. In Quenya, onta- significa 'generare' (HoMe 5, p. 379, radice ONO-) e in un certo senso potrebbe forse valere come 'creatura'.
- Gaffiere (soprannome): calco dell'inglese gaffer, un epiteto utilizzato in campagna per riferirsi ad una persona anziana o rispettabile (quindi 'mastro', ma anche 'padron' e più specificamente 'capo' di un gruppo di lavoratori secondo l'Oxford English Dictionary; il dizionario Nuovo Ragazzini dell'editore Zanichelli elenca anche il significato 'oste, locandiere'). Da questi usi come appellativo deriva quello informale di 'compare', 'buon uomo' e 'buon diavolo' (in senso positivo), con riferimento specifico a persone legate al mondo contadino. Tolkien usa gaffer sia con l'iniziale maiuscola che minuscola; in quest'ultimo caso il senso è quello di 'contadino, villico'. Gaffer è il soprannome (commonly known, FR, p. 20) di Ham Gamgee, il vecchio giardiniere di Casa Baggins, che Tolkien presenta come loquace cliente della locanda The Ivy Bush lungo la strada per Bywater. Anche se 'mastro' sarebbe più connesso alle riconosciute (anche da se stesso) qualità professionali del Gaffiere, una traduzione italiana coerente in tutti i contesti potrebbe essere 'compare', nonostante possa suonare inusuale quando usata dal figlio Sam Gamgee in espressioni come 'as my (old) gaffer used to say'. Gaffer, soprannome identico ad un sostantivo, non può non essere tradotto in italiano. Gaffer è forse una forma contratta da godfather, con significato equivalente a quello originario dell'italiano 'compare' (cum pater ovvero 'padrino'). Ne Il ritorno del re, durante la 'battuta della Contea' viene menzionato 'a sturdy old gaffer clipping a hedge': non è il Gaffiere, ma permane l'idea di giardiniere; la connotazione contadina sembra dunque peculiare di questo termine in Tolkien (si vedano anche i passi delle lettere citati sotto). Poiché 'compare' in italiano ha perso tale connotazione, propongo la traduzione 'fattore' (si noti che il Gaffiere è uno specialista della coltivazione di patate, quindi non esattamente un giardiniere!); se non fosse una soluzione soddisfacente, è comunque in questa direzione (un appellativo di valore positivo e di sapore un po' arcaico legato al mondo contadino) che bisogna muoversi. Nelle Letters Tolkien spiega in più occasioni l'origine del personaggio: 'based on a real-life gaffer, not of that name' (n. 144, p. 179); 'a curious local character, an old man who used to go about swapping gossip and weather-wisdom and such like' (n. 256, p. 347-348). Niente a che vedere con il francese gaffe e gaffeur (chi fa spesso delle gaffe).
- Grampasso (soprannome): Strider, dal verbo to stride 'camminare a larghi passi', con significato di 'persona che cammina rapidamente e si muove velocemente'. E' un soprannome che in italiano potrebbe essere reso come Gambalunga o, forse, Gambalonga (con l'intonazione sprezzante del dialetto bolognese). La percezione fono-estetica di Gambalonga si avvicina a quella di Grampasso, perdendo la potente connotazione fonetica di Strider. Per evitare questo effetto "fiabesco", propongo anche l'interpretazione Passatore (un'equivalenza contestuale al retroterra letterario e storico italiano), che evoca l'idea di un vagabondo misterioso e sfuggente, ai limiti del bandito, rispecchiando la diffidenza degli abitanti di Brea (Bree in inglese) verso Aragorn. Strider è l'equivalente inglese di una forma originariamente in common speech 'parlata comune (della Terra di Mezzo)' in quanto si tratta di un nomignolo affibbiato ad Aragorn dalla gente di Bree; lo stesso Aragorn tradurrà il suo soprannome nella lingua Quenya come Telcontar (The Return of the King, p. 158) che quindi va considerata una traduzione e non la forma originale come Imladris per Rivendell.
- Mezzuomini (specie): Halflings, versione inglese del termine con cui ci si riferiva (eteroetnonimo) agli hobbit nella parlata comune (banakil). L'elemento inglese half 'metà' è chiaramente riconoscibile. Tolkien precisa che il senso è a half-sized man / person (Guide). Se fosse sempre presente un senso dispregiativo, tradurrei con 'mezze tacche', ma non è un nome adatto ad un'intera etnia. Il termine 'hobbit' è inventato anche nella finzione (RK, Appendix F, p. 522; più esplicito in HoMe 12, p. 49, §48) e corrisponde a kuduk ovvero all'autoetnonimo degli hobbit.
- Ombromanto (cavallo): Shadowfax. Tolkien avrebbe rigettato qualsiasi associazione con la macchina fax (fac-simile), per quanto nel mio immaginario ciò abbia contribuito a rendere l'idea di spostamenti veloci da un capo all'altro della Terra di Mezzo (significativa la critica di Tolkien all'aliscafo che fu battezzato con questo nome, vedi Letters, n. 258). Il significato è having shadow-grey mane (and coat) 'che ha criniera (e manto) grigio scuro' (shadow-grey è propriamente un colore, vedi Oxford English Dictionary); confronta il nome del cavallo di Theoden: Snowmane.
- Orchetti (specie): Orcs. Tolkien si rifaceva ai nomi tipici di certa letteratura medioevale (Beowulf) indicanti creature gigantesche e maligne; si tenga presente che in latino Orcus è il regno dei morti (anche se non si è certi che sia l'etimologia di Orc, è chiaro che tale associazione influenzò Tolkien). Il vezzeggiativo italiano 'orchetti' è quindi del tutto fuorviante. Ad ogni modo Orcs non è una traduzione (fittizia) dalla parlata comune, ma un vocabolo in parlata comune; ne Lo Hobbit viene infatti tradotto in inglese ricorrendo al termine Goblins (dal francese, già nel XII sec. menzionato nella forma Gobelinus come il nome popolare di uno spirito; forse dal greco kobalos 'vagabondo, furfante'). Per quel che riguarda i Trolls, nella mitologia scandinava sono considerati esseri soprannaturali di proporzioni gigantesche che vivono sotto terra (ne Lo Hobbit si pietrificano alla luce del sole e vivono in una tana sotterranea; quest'ultima è indicata con il vocabolo lair, usato anche per la tana di Shelob).
- Raminghi (gruppo): in inglese è Rangers, con significato di guardiani della natura e idea di vasti spostamenti a cavallo.
- Sabbioso (cognome): è il cognome del mugnaio di Hobbiville, Sandyman nell'edizione inglese. Sabbioso, pur essendo una traduzione letterale, tradisce in italiano la verosomiglianza di Sandyman in funzione di cognome. Sandy 'sabbioso' potrebbe essere interpretato in modo meno puntuale come 'polveroso', magari in relazione alla polvere di farina (a Napoli c'è un grande panificio che si chiama Polverino). Sandy è anche un soprannome scozzese per Alexander (corrispondente all'italiano Sandro), ma non mi sembra sia il caso in questione. L'interpretazione più verosimile, suffragata dall'Oxford English Dictionary, è che sandy man valga per 'uomo dai (capelli) color sabbia'. Dal momento che nelle prime stesure de Il signore degli anelli il cognome del mugnaio era Tunnelling (HoMe 6), Tolkien voleva probabilmente rimandare alla polvere di terra delle tane hobbit. Comunque sia, Sandyman è solo un cognome e come tale in italiano potrebbe essere reso con Sabbioni.
- Sovrintendente (titolo): steward in inglese. 'Sovrintendente' è un'equivalenza funzionale. Steward è un titolo derivato da una funzione originaria di servizio (come il titolo di 'coppiere' nella Bibbia). Dopo la conquista normanna, il titolo di steward equivale a quello continentale di 'siniscalco' (letteralmente 'vecchio servitore').
- Spettro dei Tumuli: Barrow-wight. Wight indica un 'essere vivente' o 'creatura' in generale, ma originariamente indicava una creatura soprannaturale. Nel XVII sec. era riferito specialmente alle quattro bestie dell'Apocalisse. Forse una traduzione meno connotata come 'essere dei tumuli' o 'creatura dei tumuli' era sufficiente. Anche se frasi come 'Barrow-wights walked in the hollow places with a clink of rings on cold fingers, and gold chains in the wind' (FR, libro I, capitolo VI; p. 179 dell'edizione italiana) richiamano la comune idea di uno spettro con le catene (tanto più in riferimento alle sepolture dei tumuli), ad un'analisi più attenta del testo mi sembra che questa concezione del Barrow-wight sia errata: ritengo si tratti di un essere corporeo (credo che per Tolkien questo particolare fosse significativo), cui Frodo può tagliare la mano con la spada (p. 192; la mano amputata continua a dimenarsi a terra, p. 193); gli anelli e le catene sono ornamentali e sottratte al corredo sepolcrale dei tumuli. Si confronti la traduzione italiana di questo passo (p. 191) con l'originale inglese: 'Alzandosi sul gomito, riuscì a vedere nella pallida luce che si trovavano in una sorta di corridoio, curvo dietro le loro teste. Da dietro la curva, un lungo braccio brancicava, le cui lunghe dita avanzavano verso Sam, che era il più vicino, e verso l'impugnatura della spada posata su di lui'; 'Raising himself on one arm he looked, and saw now in the pale light that they were in a kind of passage which behind them turned a corner. Round the corner a long arm was groping, walking on its fingers towards Sam, who was lying nearest, and towards the hilt of the sword that lay upon him' (il corridoio non curva, ma fa una piega ad angolo; 'brancicare' significa 'muoversi a tentoni, tastare'); a p. 192, la 'sciabola posata accanto a lui (Frodo)' è in inglese uno spadino (short sword). Gli Spettri dei Tumuli non sono gli spiriti dei morti ivi sepolti: 'In the days of Argeleb II the plague came into Eriador from the Southeast, and most of the people of Cardolan perished, especially in Minhiriath. The Hobbits and all other peoples suffered greatly, but the plague lessened as it passed northwards, and the northern parts of Arthedain were little affected. It was at this time that an end came of the Dúnedain of Cardolan, and evil spirits out of Angmar and Rhudaur entered into the deserted mounds and dwelt there. / It is said that the mounds of Tyrn Gorthad, as the Barrowdowns were called of old, are very ancient, and that many were built in the days of the old world of the First Age by the forefathers of the Edain, before they crossed the Blue Mountains into Beleriand, of which Lindon is all that now remains. Those hills were therefore revered by the Dúnedain after their return; and there many of their lords and Kings were buried. [Some say that the mound in which the Ring-bearer was imprisoned had been the grave of the last prince of Cardolan, who fell in the war of 1409.]' (RK, appendice The North-kingdom and the Dúnedain; pp. 1238-1239 dell'edizione italiana).
- Tronfipiede: Proudfoot. In inglese proud significa 'fiero, orgoglioso, superbo' e foot 'piede'. Anche se non è una traduzione letterale della forma inglese, propongo Piedeprode per la somiglianza fonetica e la verosomiglianza come cognome italiano; ad ogni modo anche 'tronfio' (posto che 'tronfi' in Tronfipiede ne sia la forma plurale) mi sembra efficace, ma manterrei la forma singolare anche in composizione (ad esempio Piedetronfio). All'inizio del memorabile discorso d'addio di Bilbo, Tolkien crea una sapiente interruzione giocando sul plurale del cognome Proudfoots e il plurale irregolare feet di foot: '"My dear Bagginses... and Proudfoots". "ProudFEET!" shouted an elderly hobbit from the back of the pavilion. His name, of course, was Proudfoot, and well merited; his feet were large, exceptionally furry, and both were on the table. "Proudfoots", repeated Bilbo'. Il gioco di parole può essere salvaguardato anche in italiano: '"Miei cari Baggins... e Piedeprodi". "PIEDIprodi!" gridò un hobbit anziano dal fondo del padiglione. Il suo cognome, ovviamente, era Piedeprode, e ben meritato; i suoi piedi erano enormi, eccezionalmente pelosi, ed ambedue posati sul tavolo. "Piedeprodi", ripetè Bilbo'. La traduzione italiana utilizza 'Tronfipiede' (Bilbo) e 'Tronfipiedi' (hobbit anziano).
- Ucorni (specie): sono gli alberi aiutanti degli Ents che pongono fine alla battaglia del Fosso di Helm. 'It was the Huorns, or so the Ents call them in "short language". Treebeard won't say much about them, but I think they are Ents that have become almost like trees, at least to look at', dice Merry (in italiano a p. 686). Huorns è tradotto in italiano con Ucorni (presumo con una paraetimologia da horns 'corna'), anche se l'elemento orn è strettamente connesso al termine Sindarin per 'albero'; l'appartenenza linguistica del nome è Entish (la lingua degli Ent, di cui esiste una forma abbreviata; le poche parole attestate appartenenti a questa forma sono generalmente derivate dal Sindarin), non inglese, e quindi non doveva essere tradotto. L'elemento hu- è misterioso ma non escluderei, da un punto di vista di storia esterna della lingua, che sia stato scelto da Tolkien su influenza dell'antico francese huron e del tedesco hure, indicanti strane creature in forma d'albero (come notato da Robert Ireland). Una caratteristica degli Huorns è, secondo Pipino, che 'They still have voices, and can speak with the Ents – that is why they are called Huorns, Treebeard says'. Galbedirs (GAL(AD)- 'tree' + KWET- (PET-) 'word, tongue' + '-r' suffisso plurale?; forma anglicizzata tramite il suffisso plurale inglese), Lamorni (LAM- 'to sound' + OR-NI 'high tree') e Ornómar (OR-NI + OM- 'voice') sono i nomi ideati e poi rigettati da Tolkien e sostituiti infine da Huorns; in uno dei testi rigettati si specifica che il significato della parola in Entish è Talking Trees (HoMe 8, p. 50 e p. 60, nota 15; radici in maiuscolo da The etymologies, HoMe 5). In Huorns, uo potrebbe essere il risultato della dissimilazione dioo; in tal caso ho in Quenya significa 'from, away, from among, out of' quindi '(coloro che provengono) dagli alberi' (vedi HoMe 8, p. 50: 'they have trained and made half-entish'). Forse, dopo aver cambiato le occorrenze di Galbedirs o Lamorni in Huorns (la prima comparsa di Huorns è in HoMe 8, p. 56), Tolkien si è dimenticato di cambiare la spiegazione del significato del nome che è rimasta 'Talking Trees'. Altrimenti è linguisticamente plausibile che l'elemento hu derivi dalla radice KHUG- 'to bark, bay' da cui Huan 'mastino' (nome di cane): khug-orn > hugorn > huorn. In tal caso gli Huorns sarebbero 'gli alberi che abbaiano'; se gli Ents sono 'pastori degli alberi', gli Huorns potrebbero essere 'cani-pastore' che fanno la guardia agli alberi ('They stand here and there in the wood or under its eaves, silent, watching endlessly over the trees; but deep in the darkest dales there are hundreds and hundreds of them, I believe', TT). Gli alberi della Vecchia Foresta (Old Forest) sono verosimilmente Huorns [da GPB, Frequently Alle's Question].
- Vermilinguo: ''Modernized' form of the nickname Grima'; Wormtongue nel senso di snake tongue (Guide). Propongo Lingua Biforcuta, sintagma entrato a far parte della lingua italiana con il diffondersi della conoscenza cinematografica dei pellerossa. Alessandra Cazzoli mi fa però notare: 'Vermilinguo non dà forse più l'idea di qualcosa di viscido e inetto? Intendo anche il suono stesso del nome, nonchè l'idea che mi faccio di una persona quando mi viene detto che è un vero e proprio verme...' [lettera del 13/1/2005].
Nomi di luogo, fiumi e regioni
- Agrifogliere: Hollin, da holly 'agrifoglio' (le piante caratteristiche della regione). Landa (o Terra) degli Agrifogli non mi soddisfa, ma mi sembra più consona di Agrifogliere.
- Argentaroggia (fiume): Silverlode. Lode significa propriamente 'filone' (di minerale) e, in modo informale, corso d'acqua e canale in terreno paludoso, Celeb-rant in elfico. L'italiano 'roggia' mi sembra una traduzione evocativa e indovinata.
- Bosco Atro (bosco): Mirkwood. 'Atro' corrisponde bene all'arcaico e desueto mirk 'scuro'. Si veda Letters, n. 289.
- Brea: Bree, da un'antica parola celtica per 'collina'. Secondo Tolkien (Guide, voce 'Archet'), non deve essere tradotto (e, aggiungerei, neppure doveva essere adattato).
- Campi iridati: Gladden Fields, che non ha niente a che vedere con la gioia (glad), bensì con il fiore gladden 'iris'. Benché in italiano 'iridati' sia aggettivo di 'iride' e non di 'iris', derivando comunque 'iridato' da 'iris', mi sembra che sia una traduzione evocativa. Lo stesso Tolkien (Guide to names) invita i traduttori ad usare un nome erudito per 'iris'. Nella mappa dell'edizione italiana troviamo l'omonimo fiume con il nome Gaggiolo (sic): il dizionario Zingarelli (edito da Zanichelli) riporta 'giaggiòlo' nel significato appunto di 'iris'. Sia gladden che 'giaggiolo' sono confrontabili con l'italiano 'gladiolo' (dal latino, 'piccola spada'), un altro fiore delle iridacee.
- Chiane Ditteri: una versione italiana che merita sicuramente il secondo posto dopo Omorzo Cactaceo. Il dizionario Treccani spiega che 'chiana' significa 'luogo paludoso, pianura dove stagnano le acque', probabilmente una voce etrusca mantenutasi viva nella toponomastica toscana. I ditteri sono un numeroso ordine di insetti, che annovera fra i suoi rappresentanti le zanzare. In inglese è Midgewater Marshes, dove marsh significa 'palude' (vedi l'italiano 'marcite') e midge 'moscerino'. Come indica Tolkien (Guide), non si può tradurre letteralmente ma a senso, cercando di ottenere l'effetto di Midgewater: propongo Paludi dei Moscini Stagnanti, in luogo di un'associazione più convenzionale come 'acqua stagnante' ('stagnante' vorrebbe sottolineare in un certo senso l'insistenza e persistenza dei moscini, voce dialettale per 'moscerini'). (Non che mi dispiaccia Chiane Ditteri: crea un piacevole effetto di disorientamento dovuto all'incomprensione dei due termini, ma Tolkien in inglese giocava proprio sulla loro riconoscibilità.)
- Colle Vento (monte): Weathertop ovvero Colle del Vento come spiega lo stesso Tolkien (Guide); il termine inglese weather è etimologicamente connesso all'idea di 'soffiare' e in ambito nautico significa propriamente '(direzione del) vento'. Il termine elfico corrispondente è Amon Sûl 'colle (amon) del vento (sûl)'; la semplice giustapposizione dei termini equivale al genitivo in elfico (si veda ad esempio Letters, n. 347, p. 424) e nei composti inglesi, ma non in italiano! Si noti che Colle del Vento fa pensare immediatamente al vento che soffia sulla cima di un colle, al contrario di Colle Vento (ovvero 'un colle detto Vento').
- Confini Occidentali (regione): Westmarch. La traduzione corretta e etimologicamente correlata di march è 'marca' (giurisdizione territoriale al confine con un altro stato; tradurre 'confini' è errato: march indica un'area). La Marca occidentale è una regione della Contea (Shire), oltre ai quattro farthings (vedi la voce 'Decumani'); la Marca orientale è Buckland. 'This account of the end of the Third Age is drawn mainly from the Red Book of Westmarch. That most important source for the history of the War of the Ring was so called because it was long preserved at Undertowers, the home of the Fairbairns, Wardens of the Westmarch' (FR, Prologue).
- Decumani: Farthings, derivato in inglese da fourth 'quarto'. Indica una delle quattro parti in cui viene suddiviso un territorio. In italiano 'decumano' deriva dal numero dieci e non ha alcun significato comparabile a Farthings. Se dà fastidio mantenere 'quarti' ('quarto orientale, settentrionale' etc.), la traduzione italiana corretta è senz'altro 'cantoni', che richiama sia il gioco dei 'quattro cantoni' (cioè dei quattro angoli) sia la suddivisione territoriale svizzera (ben comparabile con la Contea, sia per la neutralità che per la collocazione centrale rispetto al continente europeo!). La parola Hobbit corrispondente è tharni (HoMe 12, p. 45).
- Dunclivo: Dunharrow, 'the heathen fane on the hillside' ovvero 'il tempio pagano (harrow) sul fianco della collina', così chiamato perché il rifugio degli uomini di Rohan si trovava in un'area sacra agli abitanti antichi (poi diventati il popolo dei morti). La traduzione italiana mi sembra non correlata all'originale inglese.
- Finfratta: Hays(-)end. La traduzione italiana non mi sembra intelleggibile nel senso inglese di 'fine della siepe'.
- Frattalta (p. 141): High Hay. Hay significa generalmente 'fieno' ma qui ha il valore di siepe (Guide). Si confronti il toponimo italiano Siepelunga. Bisognerebbe trovare un modo per enfatizzare il senso etimologico di 'recinto (difensivo)' (confronta il verbo 'assieparsi').
- Granburrone: Rivendell da riven 'spezzato, crepato, in modo da lasciare due estremità e il vuoto in mezzo' e dell 'valletta incavata e profonda' (più ampia di un anfratto o di una rientranza nella roccia; non esattamente una 'gola' perché prevede la vegetazione). Queste due componenti, a meno di non volerle mantenere forzatamente distinte (ad esempio ricorrendo a Valle Crepata o Concafratta; quest'ultimo nome, estremamente preciso come versione, richiamerebbe un toponimo italiano come Frattamaggiore), potrebbero essere sintetizzati in Crepaccio Intagliato, Spaccatura Scoscesa o Orrido Incassato. Una 'crepa' implica però l'idea di rottura, poco consona ai valori positivi che hanno sede a Rivendell; per preservarli anche nel toponimo, propenderei per un pleonastico Gola Incavata ('gola' è da solo un equivalente funzionale di riven dell) o, per evitare lo iato delle vocali, Anfrattincassato. Nell'edizione Adelphi de Lo Hobbit, Rivendell è indicata dal toponimo Forraspaccata (vedi anche la mappa): la forra è un fossato scosceso e ripido, quasi verticale, prodotto dall'erosione delle acque (mi viene da pensare anche al toponimo napoletano Montagna Spaccata, che però fa riferimento ad un taglio artificiale). Rivendell è a sua volta una traduzione dall'elfico Imladris ovvero Deep Dale of the Cleft (dall'appendice sugli elementi dei nomi Quenya e Sindarin nel Silmarillion: lad 'plain, valley', imlad 'a narrow valley with steep sides' e ris 'cleave'). L'idea di 'grande' ribadita dal toponimo Granburrone è linguisticamente inesistente in Tolkien, seppur presente visivamente: si veda il disegno a p. 65 de Lo Hobbit di Adelphi (anche la versione cinematografica del libro mostra Rivendell all'interno di un'ampia conca montana, che richiama a mio avviso le descrizioni della mitica Shangri-la). La necessità di inserire il concetto di 'grande' in italiano è dovuta al fatto che già 'anfratto' (anche etimologicamente), 'orrido' (con acqua che scorre sul fondo), 'forra' o 'burrone' da soli equivarrebbero a riven dell, tranne che per le dimensioni intuitivamente minori. 'Burrone' è un accrescitivo di 'borro' (spaccatura, fenditura; collegato a 'breccia'); si confronti il modanese 'budrione' (via stretta e affossata). Forraspaccata mi sembra preferibile a Granburrone, anche per la connessione della forra con l'acqua che scorreva effettivamente e copiosamente nel burrone (oltre al suddetto disegno, si veda HoMe VI, p. 204-205, 'Note on the river of Rivendell'). Nella parlata comune Imladris è Karningul (RK, Appendix F, p. 517).
- Hobbiville: in inglese Hobbiton, da Hobbit + town 'paese'. In italiano l'idea di città viene resa attraverso il suffisso -poli di origine greca (si pensi a Napoli, Monopoli o Paperopoli); in corrispondenza dell'unica menzione ne Lo Hobbit troviamo Hobbitopoli nell'edizione italiana (p. 337). Hobbiville è foneticamente più gradevole di Hobbitopoli, ma più che ricorrere ad un francesismo valeva la pena lasciare Hobbiton (a meno di usare una forma italianizzata Hobbivilla, vedi il toponimo italiano Francavilla).
- Lungacque (paese): Bywater. A mio avviso il nome del fiume deve essere mantenuto al singolare: L'Acqua, con il senso di 'fiume per eccellenza' ovvero 'l'unico fiume conosciuto' per gli abitanti della zona (Acqua e Lungacque compaiono anche nella traduzione italiana de Lo Hobbit). Bisognerebbe confrontare gli elementi della toponomastica italiana con idea di 'presso'; fra questi c'è sicuramente 'lungo'. Forse Sullacqua?
- Luoghi Lontani (p. 29): Far Downs. In inglese downs indica un vasto altopiano ondulato, ovvero punteggiato da basse collinette erbose prive di vegetazione arborea. Non essendo una formazione geomorfologica tipica del paesaggio italiano, manca di corrispettivi nelle nostre denominazioni toponomastiche. L'inglese down è etimologicamente correlato con l'italiano 'duna': Dune Lontane sarebbe più preciso di Luoghi Lontani ma ugualmente poco corretto, dato che in italiano il campo semantico di 'duna' si è ristretto al contesto di un deserto di sabbia. Colline Lontane sarebbe stata sicuramente una traduzione più onesta. In un primo tempo avevo pensato di ricorrere ad Alture Lontane (l'altura è qualsiasi luogo elevato: ciò che conta qui è la possibilità di designare una zona ricorrendo alla sua forma plurale; è geomorfologicamente meno preciso di 'collina' ma anche meno scontato), poi, dopo varie ricerche in opere di geomorfologia e geografia ('balze' e 'calanchi' impropri, 'dossi' poco piacevole), credo di aver trovato il miglior surrogato italiano di downs (non indicato nei vari dizionari che ho consultato) in 'poggi'. Quindi, trionfalmente, Poggi Lontani, salvo scoprire che in un caso su 5 la stessa edizione italiana aveva fatto ricorso a questa denominazione. Dall'Atlante di Karen Wynn Fonstad risulta che la Terra di Mezzo è caratterizzata da 5 downs: Far Downs, White Downs, North Downs, South Downs e Barrow-Downs (si noti che nell'edizione italiana dell'Atlante, 'Down' è erroneamente al singolare; Fox Downs è un errore della prima edizione inglese per Far Downs). Le rispettive traduzioni dell'edizione italiana sono: Luoghi Lontani, Bianchi Poggi, Lande del Nord, Lande del Sud e Tumulilande. Inutile notare che Tolkien (e il nostro stesso traduttore se avesse avuto sotto mano strumenti quali il suddetto Atlante) sarebbe inorridito nel vedere una stessa parola portatrice di uno stesso valore semantico tradotta con tre termini diversi ('luoghi', 'poggi', 'lande').
- Ovesturia: completamente differente la sensazione fono-estetica dell'originale inglese Westernesse, con il /nes/ finale che sembra prolungarsi indefinitivamente. Bisognerebbe trovare un compromesso fra 'ovest' o 'occidente' e i suffissi italiani '-ense' o '-ese' (ad esempio, il Pavese ovvero il circondario di Pavia): ad esempio, per quanto insoddisfacenti, Tramontese, Occidense e Occasense. Forse anche Ponente (con l'iniziale maiuscola)?
- Puledro Impennato (locanda): l'insegna in inglese riporta la scritta 'THE PRANCING PONY by BARLIMAN BUTTERBUR'. Pony è il nome di una razza scozzese di cavalli caratterizzata da una corporatura minuta ('puledro' in inglese è foal); in quanto nome proprio di razza in italiano si mantiene la forma inglese come calco. 'Prancing' indica precisamente l'atto dell'impennare; detto di un uomo significa 'saltellare, danzare'. Una locanda seria si dovrebbe chiamare Cavallo Impennato; ricorrendo a Pony Impennato, Tolkien coniuga una sottile ironia con la plausibilità del nome in un mondo a misura di Hobbit (che non potevano cavalcare i normali cavalli).Se non richiamasse una nota scuderia di Formula 1, si potrebbe proporre anche la traduzione Cavallino Rampante.
- Rifugi Oscuri: Grey Havens (si pensi al toponimo americano New Haven). Haven è la 'baia', 'rada', con idea di luogo di ancoraggio sicuro, quindi in senso figurato 'rifugio' in genere, poi in senso proprio 'porto'. Grey: nell'Oxford English Dictionary prenderei in considerazione il significato 6c, nel senso di 'antico, vecchio' richiamando capelli e barba grigi, anche se può valere come 'oscuri', detto di giornata senza sole, o del crepuscolo. Immagino gli havens di Tolkien come il luogo in cui si tira in secco una nave per ripararla, ovvero un bacino di carenaggio o una darsena coperta. La forma plurale del nome però non è applicabile al significato originario di 'baia' (presumendo che il porto sia comunque uno, non diversi localizzabili in insenature vicine), nè mi sembra fono-esteticamente piacevole 'darsene grigie'. D'altronde 'rifugi' non suggerisce niente a che fare con il mare, e questo mi sembra molto grave. Propongo quindi Grigi Ormeggi, che preserva le idee di 'essere pronti a partire' e 'attendere qualcosa al sicuro', anche se le navi non erano ormeggiate ma tirate a secco in ricoveri coperti. In inglese grey allittera con /heivens/ (come gi in Grigi Ormeggi). Grey Havens è una traduzione dell'elfico Mithlond (dall'appendice sugli elementi dei nomi Quenya e Sindarin nel Silmarillion: mith 'grigio', ad esempio in Mithrandir; londë 'land-locked haven', lond in Sindarin).
- Sinuosalice: Withywindle. 'It was a winding river followed by willows (withies)' (Guide). Un fiume dal corso serpeggiante attraverso un bosco di salici.
- Trombatorrione: Hornburg. 'The Hornburg it was called, for a trumpet sounded upon the tower echoed in the Deep behind' (TT, libro III, capitolo VII). La traduzione italiana mi sembra del tutto inverosimile, anche se 'torrione' è funzionalmente equivalente a burg 'cittadella fortificata'. Propongo senza troppa convinzione Rocca del Corno (o Rocca dell'Eco, Rocca Echeggiante, Rocca Rimbombante?).
- Tumulilande: Barrow-downs. L'effetto fiabesco poteva essere facilmente eliminato con un più evocativo (a mio parere) Landa dei Tumuli. Barrow indica propriamente il 'tumulo', inteso specialmente nel senso di collina artificiale e sepoltura (si pensi ai kurgan sciti). In elfico è Tyrn Gorthad. In italiano Tumulilande è una forma plurale (è preceduta dall'articolo 'i'), credo ricalcando l'inglese downs (vedi la voce 'Luoghi Lontani'). Mi sembra che in italiano sia improprio riferirsi ad una regione ricorrendo alla forma plurale di 'landa': proporrei quindi Poggi dei Tumuli, nel senso di poggi caratterizzati dalla presenza di tumuli (non di poggi artificiali ovvero tumuli).
Espressioni e nomi di cose
- Le due torri: la traduzione non presenta tentennamenti, ed è 'le due torri'. Ma quali sono le torri in questione? Lascio la parola all'autore: 'The Two Towers gets as near as possible to finding a title to cover the widely divergent Books 3 and 4; and can be left ambiguous - it might refer to Isengard and Barad-dûr, or to Minas Tirith and B; or Isengard and Cirith Ungol' [Letters, n. 140]; 'I am not at all happy about the title 'the Two Towers'. It must if there is any real reference in it to Vol II refer to Orthanc and the Tower of Cirith Ungol. But since there is so much made of the basic opposition of the Dark Tower and Minas Tirith, that seems very misleading. There is, of cours, actually no real connecting link between Books III and IV, when cut off and presented separately as a volume' [Letters, n. 143]. Nell'edizione originale del volume Le due torri, le due torri raffigurate sulla copertina (disegnata da Tolkien) sono chiaramente Orthanc e Minas Morgul [Letters, n. 140, nota 1]; fra di esse si libra nell'aria un Nazgul.*
* Le creature alate cavalcate dai Nazgul dopo la morte dei loro destrieri non hanno un nome specifico: pur essendo già stati avvistati in precedenza, l’animale viene descritto in occasione dello scontro fra Eowyn e il Signore dei Nazgul nella battaglia dei campi del Pelennor (p. 1009) ricorrendo a bird 'uccello', winged creature 'creatura alata' e great beast 'grande bestia' (dopo l'uccisione, è detta fell beast 'orrida bestia'; a Minas Tirith i Nazgul vengono chiamati Fell Riders, da cui deriva l'espressione 'Fell Rider of the air' [RK V 1]: qui fell è riferito al cavaliere, non alla bestia). Nelle prime stesure del passo, Tolkien usò l'espressione great volture 'grande avvoltoio' (HoMe 8, p. 367), poi rimasta solo come similitudine del loro volteggiare nel cielo [da GPB, Frequently Alle's Question]. L'animale non era uno pterodattilo ma era pterodactylic secondo Tolkien [Letters, n. 211, p. 282].
- Mathom: giustamente non tradotto. 'Anything that Hobbits had no immediate use for, but were unwilling to throw away' (una critica al consumismo o un riferimento puntuale al denaro?). Si veda anche il simpatico riferimento al riciclaggio dei regali, poco dopo l'elenco di etichette poste sui lasciti di Bilbo (FR, libro I, cap. I). Da una parola antico-inglese che significa 'cosa preziosa, tesoro' (Guide), kast in lingua hobbit (RK, Appendix F, p. 520).
- Pan di via: Waybread. Il senso è quello etimologico dell'italiano 'viatico' (provvigione per il viaggio) che oggi si usa nel significato figurato di Sacramento dell'Eucarestia amministrato ai moribondi, al fine di predisporli al gran viaggio dell'eternità (dal dizionario etimologico Pianigiani).
- Percorrendo la Contea (titolo di capitolo): The scouring of the Shire, letteralmente 'battuta della Contea' nel senso di 'perlustrazione' al fine di setacciare la regione ed espellerne i malvagi. Nella prefazione (Foreword) alla seconda edizione de Il signore degli anelli (mancante nell'edizione italiana), Tolkien spiega che la 'battuta' è parte integrante del racconto (benché rimossa nella versione cinematografica) e che fu ideata ben prima delle epurazioni conseguenti alla seconda guerra mondiale (di cui, in un certo senso, prefigurò le vicissitudini posteriori al termine ufficiale della guerra).
- Tempi remoti: ottima traduzione per Elder Days.
Note a margine della traduzione italiana de Lo Hobbit
- Lo hobbit o la Riconquista del Tesoro: questo è il titolo e sottotitolo dell'edizione italiana di Adelphi (traduzione di Elena Jeronimidis Conte). In inglese The Hobbit or There and Back Again; tradurre 'there and back again' con 'andata e ritorno' (come a p. 341) non sarà un gran ché, ma 'la riconquista del tesoro', oltre a tradire il sottotitolo originale, tradisce anche i contenuti del libro (che è interessato a ben altri valori).
- 'I portali del Re degli Elfi' (didascalia della figura a p. 193): nella relativa figura di portali se ne vede solo uno. Sfugge qualcosa al lettore? No, al traduttore: la didascalia inglese è 'The Elvenking's Gate'.
- 'Notizie dall'interno' (titolo di capitolo): in inglese 'Inside information'. Il riferimento è alle 'informazioni' che Bilbo ottiene stando dentro alla grotta (il titolo del precedente capitolo era 'Sulla soglia') dallo stesso Smog. L'Oxford English Dictionary riporta la seguente definizione per questo senso di inside: 'Coming from ‘the inside’; inner; not generally available'. Forse si può tradurre come 'informazioni riservate'.
- 'Era questa la nostra casa?' (titolo di capitolo): vorrebbe tradurre l'inglese 'Not at home' che significa 'non in casa', riferendosi verosimilmente a Smog (come risulta anche dalla seguente frase, tolta dal capitolo in questione: '"Now I wonder what on earth Smaug is playing at," he said. "He is not at home today (or tonight, or whatever it is), I do believe"').
- caverna hobbit: hobbit-hole. Se 'buca-hobbit' dovesse suonare male, proporrei senz'altro 'tana-hobbit'. La caverna è rigorosamente naturale, mentre la tana è opera di animali; non a caso la porta delle tane-hobbit è circolare come le imboccature delle tane degli animali (la stessa idea di porta è più consona all'imboccatura di una tana che all'apertura di una caverna). Si confronti l'inizio de Lo Hobbit in inglese e in italiano con la mia traduzione: 'In a hole in the ground there lived a hobbit. Not a nasty, dirty, wet hole, filled with the ends of worms and an oozy smell, nor yet a dry, bare, sandy hole with nothing in it to sit down on or to eat: it was a hobbit-hole, and that means comfort'; 'In una caverna sotto terra viveva uno hobbit. Non era una caverna, brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente per sedersi o da mangiare: era una caverna hobbit, cioè comodissima'; 'In una tana sotto terra viveva uno Hobbit. Non una disgustosa, sporca e umida tana, riempita con resti di vermi e di un fetore putrido, ma neanche una tana arida, spoglia e polverosa con niente dentro su cui sedersi o da mangiare: era una tana da Hobbit, nientemeno, e ciò significa innanzitutto comodità'.
- Smog: Smaug in inglese. La versione italiana rende la pronuncia inglese. Non so se l'associazione fonetica con smog sia voluta da Tolkien; direi di sì, se si tiene conto che smog deriva dall'unione di smoky fog (attestato dal 1905 secondo The Oxford English Dictionary) e si adatta bene sia alle descrizioni del drago, sia all'avversione di Tolkien per le 'macchine' (non solo nel senso di 'automobili'). Comunque sia, è lo stesso autore a spiegare che 'The dragon bears as name - a pseudonym - the past tense of the primitive Germanic verb Smugan, to squeeze through a hole: a low philological jest' (Letters, n. 25 del 1938, p. 31; per il dialogo con Bilbo, vedi n. 122, p. 134). Riguardo all'etimologia interna (si noti la somiglianza fonetica di Trāgu con l'inglese dragon):
Similarly, Rohan smygel, actually an Old English word for a burrow, related to a Northern stem smug / sméag (smaug), here represents the genuine Rohan trahan related to Hobbit trān. From smygel I have derived an imaginary modern smile (or smial) having a similar relation to the older form. Sméagol and Déagol are thus Old English equivalents for actual Trahand and Nahand 'apt to creep into a hole' and 'apt to hide, secretive' respectively. (Smaug, the Dragon's name, is a representation in similar terms, in this case of a more Scandinavian character, of the Dale Trāgu, which was probably related to the trah- stem in the Mark and Shire.) [HoMe 12, p. 53-54, § 57].
- Uomini Neri: Trolls.
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Persiceto, 28/II/2004; varie rielaborazioni e aggiunte fino alla risistemazione del 13/I/2005.