Prendiamo in considerazione innanzitutto la periodicità annuale. Poiché 365 giorni / 7 = 52 settimane con resto di 1 giorno, se oggi 23 febbraio 2005 è mercoledì, l’anno prossimo sarà giovedì e venerdì nel 2007. Nel 2008 sarà sabato ma nel 2009, essendo intercorso il giorno bisestile 29 febbraio 2008, la domenica salterà per passare a lunedì. Poi di nuovo avanti di un giorno fino al 2012 in cui è giovedì. Nel 2012 c’è di nuovo il 29 febbraio bisestile, quindi nel 2013 passa a sabato. Come vedi, nel 2011 sarà mercoledì come quest’anno.
Giorni della settimana corrispondenti al 23 febbraio dal 1999 al 2017.
La linea indica la presenza del giorno bisestile nel periodo compreso fra le due date (la posizione della linea cambierebbe se la data in esame fosse posteriore al 29 febbraio).
1999 | Ma |
2000 | Me |
2001 | V |
2002 | S |
2003 | D |
2004 | L |
2005 | Me |
2006 | G |
2007 | V |
2008 | S |
2009 | L |
2010 | Ma |
2011 | Me |
2012 | G |
2013 | S |
2014 | D |
2015 | L |
2016 | Ma |
2017 | G |
Se non ci fosse l’inserimento del giorno bisestile, avremmo una periodicità regolare di 7 anni. L’inserimento del giorno bisestile abbrevia questo periodo di uno o due anni a seconda di quanti giorni bisestili cadano nel periodo stesso. Ecco quindi la periodicità di 5 anni da te rilevata (vedi il caso del sabato fra 2008 e 2013) o di 6 anni (vedi il caso del mercoledì fra 2005 e 2011). Questi due periodi non sono sempre validi. Si prenda il caso della domenica nel periodo in tabella: dal 2003 riappare nel 2014, ovvero dopo 11 anni (periodo dato dalla somma dei due periodi precedentemente individuati: 5 + 6). Questo periodo è valido solo se al suo interno ricadono 3 anni bisestili, ovvero negli anni II, III e IV dopo bisestile* (a partire dall’anno I dopo bisestile ricadono solo 2 anni bisestili). Si noti che il 2005 è anno I dopo bisestile per una data precedente al 29 febbraio; altrimenti l’anno I dopo bisestile è già il 2004.
* Con la dicitura "anno I dopo bisestile" intendo i primi 365 giorni successivi all’inserimento del giorno bisestile, in questo caso dall’1 marzo 2004 al 28 febbraio 2005.
Il “percorso” di uno stesso giorno della settimana in ordine cronologico è quindi:
Dalla precedente sequenza risulta chiaro che la periodicità di 11 anni a partire dagli anni II e IV dopo bisestile risulta dalla somma delle due periodicità consecutive di 6 + 5 e 5 + 6 anni. La periodicità risultante è di 6 + 11 + 6 + 5 = 28 anni (pari a 7 * 4), ed è valida per qualsiasi anno di partenza. In ogni caso però non bisogna aspettare 28 anni, ma 5, 6 o 11 anni perché si ripresenti una data corrispondenza giorno della settimana-giorno dell’anno; l’unica eccezione è rappresentata dalla corrispondenza per il giorno bisestile che si presenta solo ogni 28 anni (29 febbraio 2000 martedì, 2004 domenica, 2008 venerdì, 2012 mercoledì, 2016 lunedì, 2020 sabato, 2024 giovedì, 2028 martedì e così via).
Ho detto che la periodicità di 28 anni è sempre valida. Ovviamente non è del tutto vero! Nel calendario gregoriano (il nostro; vedi <www.elamit.net/bibbia/calendari.htm>), non tutti gli anni divisibili per 4 sono bisestili. Gli anni secolari NON sono bisestili (1700, 1800, 1900, 2100, etc.), tranne quelli divisibili per 400 (1600, 2000, 2400, etc.). La periodicità di 28 anni non vale quindi per periodi che includono anni secolari non divisibili per 400.
Nel calendario giuliano (in uso in Italia fino al 4 ottobre 1582) gli anni secolari erano sempre bisestili e la periodicità di 28 anni era sempre valida. Si tenga presente che l’1 gennaio di un anno secolare era all’interno di un anno IV dopo bisestile; 100 / 28 = 3 con resto 16; a partire dall’anno 84 (28 * 3) che è ancora un anno IV dopo bisestile abbiamo una serie di periodicità di 5 + 6 + 11, per cui l’1 gennaio dell’anno 6 del nuovo secolo cade nello stesso giorno della settimana dell’1 gennaio dell’anno secolare del secolo precedente il nuovo anno secolare si situa questo sedicesimo anno si colloca 5 + 6 + 11; guardando la precedente tabella che rimane valida in quanto l’anno 2000 era bisestile, vediamo che se nel 2006 il 23 febbraio è un giovedì, nel 2000 era un mercoledì, cioè il giorno della settimana precedente. Conseguentemente da un secolo all’altro il giorno della settimana regrediva di un giorno. Ad esempio l’1 gennaio 1 d.C. era un sabato, mentre l’1 gennaio 101 d.C. un venerdì. Di secolo in secolo, il giorno della settimana tornava a corrispondere dopo 700 anni.
Nel calendario gregoriano, poiché 3 anni secolari su 4 non sono bisestili, la periodicità della corrispondenza secolare dei giorni della settimana si riduce a 400 anni. Ne consegue che nel calendario gregoriano l’1 gennaio degli anni secolari può cadere solo di sabato (nel 1600, nel 2000 e in tutti gli anni secolari divisibili per 400), venerdì (a partire dal 1700 e ogni 400 anni), mercoledì (dal 1800 e ogni 400 anni) e lunedì (dal 1900 e ogni 400 anni). Quindi sapere quale giorno della settimana fosse il 23 febbraio 1605 è facilissimo: mercoledì, come nel 2005.
Per quel che riguarda la periodicità dei giorni della settimana rispetto ai mesi, possiamo dire che da un mese al successivo la corrispondenza rimane solo nel caso di febbraio non bisestile (28 giorni / 7 = 4 con resto 0) e marzo. Ad esempio, il 23 marzo 2005 è mercoledì esattamente come il 23 febbraio.
Ripartizione dei giorni della settimana per primo giorno del mese.
I giorni della settimana sono quelli del 2005 ma la tabella vale per qualsiasi anno se si tiene conto solo della posizione relativa di un giorno rispetto all'altro. Ad esempio, sapendo che l'1 maggio 2007 è martedì, tenendo conto che fra il giorno della settimana dell'1 maggio 2005 (domenica) e quello dell'1 giugno 2005 intercorrono tre giorni (mercoledì), possiamo dedurre che l'1 giugno 2007 sarà venerdì.
1 maggio | D |
1 febbraio bisestile e agosto | L |
1 febbraio non bisestile, marzo e novembre | Ma |
1 giugno | Me |
1 settembre e dicembre | G |
1 gennaio di anno bisestile, aprile e luglio | V |
1 gennaio di anno non bisestile e ottobre | S |
Dalla tabella si deduce che anche il 23 novembre 2005 sarà un mercoledì. Si noti che la corrispondenza fra giorni del mese e giorni della settimana di maggio e giugno non ha riscontri nel resto dei mesi.
* * *
E’ curioso che di un evento viene fissata nella memoria la data ma raramente il giorno della settimana, benché la nostra vita quotidiana dipenda maggiormente dal giorno della settimana che dell’anno. Ad esempio, pochi ricordano il giorno della settimana della propria data di nascita (da questo punto di vista compiere 28, 56 o 84 anni ha una valenza particolare! sempre che non intercorra un anno secolare non divisibile per 400, ma non è il nostro caso*) o del “9/11” (prova a dire che giorno era? martedì).
* Il 25 giugno 1974 rientra nell’anno III dopo bisestile (29 febbraio 1972), quindi la mia sequenza è 11 + 6 + 5 + 6 ogni 28 anni; il mio prossimo compleanno in cui il giorno della settimana corrisponderà a quello della mia nascita (martedì) sarà quindi a 28 + 11 = 39 anni. Tu sei nata in un anno II dopo bisestile, quindi la tua sequenza è 6 + 5 + 6 + 11; la prossima volta sarà a 28 + 6 = 34 anni.
Ciò che mi affascina è che, mentre le ere e i calendari si sono susseguiti e sovrapposti nel corso degli ultimi millenni, la sequenza dei giorni della settimana dovrebbe essersi mantenuta ininterrottamente fin dal suo primo concepimento, formando una specie di catena che lega con precisione matematica il presente al più remoto passato della Mesopotamia. Ad esempio, nel passaggio dal calendario giuliano a gregoriano si saltarono dei giorni dell’anno ma non dei giorni della settimana: da giovedì 4 ottobre si passò infatti a venerdì 15 ottobre 1582. Anche se i nomi dei singoli giorni e il primo giorno della settimana variarono da lingua a lingua e da cultura a cultura, rimane la pretesa dell’intelletto umano di stabilire il momento in cui si cominciò a suddividere il tempo in periodi di 7 giorni. Per la Genesi tale suddivisione inizia con la creazione stessa, quando Dio si riposa il settimo giorno, anche se non viene esplicitamente chiamato sabato (vedi la nota a Genesi 2,3 nella Bibbia di Gerusalemme).
Nota estemporanea sulla data della Pasqua Da quando siamo nati (1973), la Pasqua non è mai caduta il 27 marzo come quest’anno. Non è tuttavia la Pasqua più bassa della nostra vita: nel 1978 e nel 1989 fu il 26 marzo. Nel 2008 Pasqua sarà il 23 marzo: senza dubbio la Pasqua più bassa della nostra esistenza, visto che le Pasque al 22 marzo (la data più bassa possibile) più vicine sono nel 1818 e nel 2285. In compenso potremmo essere vivi alla Pasqua del 25 aprile 2038, la più alta possibile (la precedente fu nel 1943), e la prima a cadere nel giorno della Liberazione.
Data una determinata altezza sull'orizzonte e una data inclinazione della falce di luna crescente, è possibile calcolare la collocazione spazio-temporale dell'osservatore nel periodo tra gli anni 1602 e 1610? Chiarendo, è possibile sapere in quale data l'osservatore ha potuto vedere la luna in una certa posizione e se si trovava in Belgio o in Italia? Grazie.
Antonio Zambetta
Forse le coppie di valori altezza della Luna sull'orizzonte ed inclinazione della falce (diciamo della congiungente le cuspidi) sono effettivamente univoche per un dato istante e luogo, ma probabilmente bastano piccole variazioni dei dati iniziali perché vari di molto la collocazione spazio-temporale. Al momento non sono in grado di rispondere, qualcosa si potrebbe fare se si conoscesse, almeno approsimativamente, l'ora dell'osservazione. Mi scriva precisando meglio.
Roberto Serpilli
Persiceto, 28/dic/2004 20:56
Gentile redazione di Coelum,
il problema posto dal sig. Zambetta nella lettera pubblicata sul n. 79 di Coelum è molto stimolante.
Come risponde Serpilli e dimostra Meeus, per un dato istante c'è una sola località in cui la luna ha una determinata altezza e una determinata angolazione della falce rispetto all'orizzonte. Non esiste quindi una soluzione al problema se non si delimita in qualche modo la collocazione spaziale o temporale.
L'angolazione della falce rispetto all'orizzonte viene misurata facendo riferimento al punto medio del lembo illuminato sul bordo del disco lunare; tale punto è perpendicolare alla linea congiungente le cuspidi (i due punti sul bordo del disco lunare corrispondenti alle estremità del lembo illuminato, in pratica le due "corna"). Il punto medio del lembo illuminato è preferibile alla linea delle cuspidi in quanto permette di individuare anche quale parte della luna è illuminata. Con la sigla ZABL (dall'inglese zenith - bright limb angle) si fa riferimento all'angolo del punto medio del lembo illuminato misurato verso est a partire dallo zenit:
ZABL = PABL - q
q è l'angolo parallattico ovvero l'angolo formato dai punti sul bordo del disco lunare diretti verso lo zenit e il polo nord celeste a partire dal centro del disco; q è negativo prima del passaggio al meridiano e positivo dopo. PABL l'angolo di posizione (position angle) del punto medio del lembo illuminato misurato verso est a partire dal punto sul bordo del disco lunare diretto verso il polo nord celeste. Si tenga presente che quest'ultimo punto non corrisponde al polo nord lunare ma al punto sul bordo del disco posto sul meridiano passante per il centro del disco e il polo nord celeste. L'angolo di posizione delle cuspidi corrisponde a PABL - 90° e PABL + 90°. Il punto medio del lembo illuminato equivale al sub-solar point ovvero al punto sul bordo del disco lunare diretto verso il sole (P.K. Seidelmann, ed., Explanatory Supplement to the Astronomical Almanac (1992), p. 392); tale angolo è indicato con la dicitura sub-solar point position angle nelle effemeridi calcolate da Horizons (<http://ssd.jpl.nasa.gov>).
Se si potesse quantificare meglio la fase si potrebbe restringere la collocazione temporale ai giorni compresi fra il 1602 e il 1610 aventi quella determinata età della luna. Il sig. Zambetta accenna poi al Belgio e all'Italia: riguardo ai valori di ZABL, la differenza in latitudine comporta il raggiungimento di valori estremi minori in Italia, a parità di altezza sull'orizzonte.
Si veda, a titolo di esempio, il grafico riportante i valori di ZABL in relazione all'altezza della luna per Roma e Brussels il 26 gennaio 1602, quando la luna aveva un'età di 3 giorni. ZABL è stato calcolato seguendo le formule 48.5 e 14.1 di J. Meeus, Astronomical Algorithms (II edizione, 1998) a partire dai dati forniti da Horizons. L'ordine dei valori sull'asse delle ordinate è stato invertito in modo da disporli da sinistra verso destra in sequenza temporale. Accanto ad ogni punto è indicata l'ora in Tempo Universale, compresa fra il tramonto del sole e il tramonto della luna.
Ponendo il caso che fosse noto il giorno, si potrebbe individuare con facilità in quale fra due località avvenne l'osservazione. La soluzione è subordinata all'accuratezza con cui furono registrati i dati: nel nostro caso ZABL deve avere una precisione sufficiente a distinguere, a parità di altezza, la differenza di circa 10° fra Roma e Brussels.
Premesso che si tratta di una disquisizione puramente teorica, mi sono chiesto se sia possibile giungere ad una formulazione generale del problema: conoscendo l'altezza h e l'angolazione della falce ZABL rispetto all'orizzonte, è possibile individuare la località dell'osservazione scegliendo fra due o più località note aventi latitudine differente? Se sì, quale precisione è necessaria? Per ridurre il numero delle variabili, ho proceduto alla scomposizione di ZABL in componenti più facilmente correlabili alle variabili stesse.
La variazione dell'angolo ZABL (misurato rispetto allo zenit) rispetto a PABL (misurato rispetto al polo nord celeste) dipende dall'altezza della luna sull'orizzonte e dalla latitudine dell'osservatore. Tale variazione corrisponde all'angolo parallattico q. Il grafico mostra la variazione dell'angolo parallatico in funzione delle latitudini di Brussels (linee tratteggiate) e Roma (linee continue) e delle altezze 10°, 20° e 30°. L'angolo parallattico è calcolato per tutte le possibili declinazioni che può assumere la luna (in modo non rigoroso, per il quale si veda J. Meeus, Mathematical Astronomy Morsels, capitolo 5). Si noti come certe altezze sull'orizzonte non possono essere raggiunte dalla luna in una data località se la sua declinazione non è sufficientemente alta.
A parità di altezza, e quale che fosse la declinazione della luna (a noi ignota), il grafico permette di individuare visivamente un intervallo di valori di q che possono verificarsi solo a Roma e non anche a Brussels. Se ZABL dipendesse solo da q (come qualcuno potrebbe credere che il punto medio del lembo illuminato sia sempre perpendicolare alla direzione del polo nord celeste), la località potrebbe essere individuata immediatamente se il dato osservato corrispondesse fortuitamente ad uno dei valori di ZABL compreso nel suddetto intervallo. Si noti che questo intervallo è pertinente alla località avente latitudine più meridionale, mentre gli altri valori sono condivisi con la località più a nord.
ZABL non dipende però solo da q e un osservatore visuale non è in grado di percepire la variazione di q se non a partire dall'angolazione della falce lunare. Nella determinazione di ZABL, quanto può incidere la variazione di PABL rispetto ai valori di q? Per rispondere a questa domanda, possiamo scomporre l'angolo PABL in due componenti:
Rispetto a queste due componenti, PABL può essere determinato ricorrendo alla formula:
PABL = qε + χε
Si noti che χε misura la posizione del punto medio del lembo illuminato a partire dal polo nord dell'eclittica verso est, mentre qε misura l'inclinazione di quest'ultimo rispetto al polo nord celeste (sempre verso est).
Definite le seguenti quantità:
è possibile ricavare gli angoli q, qε e χε esclusivamente a partire dalla longitudine e latitudine eclittiche della luna. Utilizzando Javascript, ogni 10° di longitudine eclittica λ ho calcolato i suddetti angoli per i valori ±5.145396° (gli estremi) e 0° di latitudine eclittica β. A partire dagli stessi dati ho ricavato la declinazione della luna, che ho utilizzato sull'asse delle ascisse del seguente grafico per fornire una comparazione con il precedente grafico dei valori di q. Non essendo indicati dal sig. Zambetta, ho fissato esemplificativamente l'altezza della luna h a 10° sull'orizzonte e la separazione in longitudine eclittica fra sole e luna Δλ a 45°, corrispondente ad una luna crescente avente circa 3 giorni di età.
I punti neri sono calcolati per Brussels, quelli rossi per Roma; sono disposti a gruppi di tre, corrispondenti ai tre valori selezionati di latitudine eclittica. Per alcuni punti ho indicato la corrispondente longitudine eclittica. Non conoscendo la declinazione della luna, i margini per individuare la località sulla base dei valori di ZABL non appartenenti all'intersezione degli insiemi di Roma e Brussels sono ridottissimi. La situazione non cambia se si fissa l'altezza sull'orizzonte a 30°. La figura tratteggiata dai punti è incompleta perché quando la luna ha una declinazione al di sotto di una certa soglia, non può raggiungere tale altezza sull'orizzonte in quella data località; inoltre sono stati esclusi i punti per i quali l'altezza del sole è al di sopra dell'orizzonte (un risultato preciso si sarebbe ottenuto calcolando l'effettiva visibilità della falce lunare rispetto alla luce solare, determinabile attraverso l'arcus visionis).
Poiché la regressione dei nodi lunari ha un periodo 18.61 anni, fra il 1602 e il 1610 per una data longitudine eclittica non tutti i valori di latitudine eclittica presi in considerazione finora possono verificarsi. Una volta calcolati gli estremi di longitudine eclittica fra cui si è spostato il nodo ascendente dell'orbita lunare nel periodo in esame, ho calcolato per ogni 10° di longitudine i valori estremi di latudine. Utilizzando questi nuovi dati, ho ritracciato i due grafici per le altezze 10° e 30°.
Le differenze sono ovviamente minime e influiscono allo stesso modo sia per l'una che per l'altra località, così che l'estensione dei valori di ZABL distintivi di una data località non varia.
Si noti che la longitudine delle due località e l'ora non sono rilevanti ai fini della presente discussione. L'angolo orario viene calcolato a partire dall'altezza sull'orizzonte, dalla declinazione e dalla latitudine della località.
Variando la procedura, per una data altezza della luna sull'orizzonte, ho calcolato i possibili valori di azimut che può assumere in una data località (ovvero per una data latitudine terrestre). Per un campione di punti di azimut selezionato in base ad un intervallo regolare sufficientemente ridotto (circa 5°) e comprendente i valori estremi, ho calcolato i possibili angoli ZABL passando in rassegna tutti i valori di ascensione retta ad intervalli di 5° (si tenga presente che per un dato punto di coordinate altazimutali, la declinazione è sempre la stessa). Questa procedura è stata eseguita per le altezze comprese fra 5° e 30° ad intervalli di 5°, ottenendo i seguenti grafici (il primo per Brussels, il secondo per Roma) in cui abbiamo l'altezza sull'orizzonte sull'asse delle ascisse e l'azimut sull'asse delle ordinate (misurato verso ovest da sud).
Per un dato punto di coordinate altazimutali, i possibili valori di ZABL sono rappresentati visivamente dall'inclinazione dei raggi facenti capo a quel punto; il raggio rappresenta la congiungente centro del disco lunare - punto medio del lembo illuminato, ma la scala è esagerata rispetto alle dimensioni apparenti del disco lunare. Sono stati esclusi i valori di ZABL con il sole al di sopra dell'orizzonte.
Comunque venga rappresentato, il risultato di questa ricerca conferma quanto detto da Serpilli: è improbabile che la situazione osservata ricada in una delle aree distintive delle due località (il margine aumenta se la differenza in latitudine delle due località è maggiore); se anche così fosse, la precisione dell'osservazione dovrebbe essere molto alta per risultare significativa ai fini dell'individuazione della località.
Colgo l'occasione per augurare buon anno a tutta la redazione,
cordiali saluti,
Gian Pietro Basello
Napoli, 11 maggio 2004
Gentile redazione di Coelum,
ieri sera mi sono messo a sfogliare il numero di maggio di Coelum e posso assicurarvi che sono andato a dormire molto tardi per colpa vostra, perché in ogni pagina trovavo qualcosa di interessante che non potevo fare a meno di leggere!
Per quel che riguarda l'interrogativo su "Annibale e le Pleiadi" (in Fatti e Opinioni, p. 86) è bene dire che il passo in questione è Polibio, Storie, libro III 54,1:
τῆς δὲ χιόνος ἤδη περὶ τοὺς ἄκρους ἁθροιζομένης διὰ τὸ συνάπτειν τὴν τῆς Πλειάδος δύσιν, θεωρῶν τὰ πλήθη δυσθύμως... [da Perseus].
As it was now close on the setting of the Pleiads snow had already gathered on the summit, and noticing that the men were in bad spirits... [dall'edizione Loeb Classical Library, 1922-1927].
e che tra l'altro Polibio utilizza come datazione anche il sorgere delle Pleiadi, ad esempio in IV 37 e V 1. Non c'è dubbio che per sorgere egli intenda il levare eliaco, fenomeno ben noto agli antichi come sottolineato da G. Anselmi. Non è vero però che il tramonto fosse meno importante: ad esempio, ne Le opere e i giorni di Esiodo (VIII-VII sec. a.C.) al verso 615, si parla proprio del tramonto delle Pleiadi, evento che marcava l'inizio dell'aratura nel pieno dell'autunno (poco prima si fa riferimento alla vendemmia). Si veda anche Plinio, Naturalis historia, libro XVIII 280.
Cosa si intende dunque per tramonto (δύσις)? La soluzione si intravede già nelle parole del sig. Bruno che ne parla come di "un evento che si ripete ogni notte per molti mesi, pur anticipando di pochi minuti". Questo significa che ieri le Pleiadi sono tramontate più tardi di oggi. Risalendo all'indietro nel tempo, si può individuare quindi un giorno in cui, passata l'opposizione con il sole (4), le Pleiadi "iniziano" a tramontare (5), ovvero il tramonto delle Pleiadi inizia ad essere visibile nel corso della notte, cominciando proprio a ridosso dell'alba. Nei giorni precedenti le Pleiadi tramontavano mentre il sole sorgeva nella parte opposta del cielo, e la luce dell'alba ne impediva comunque l'osservazione. Con il trascorrere dei giorni (e ritorniamo quindi a seguire il corso del tempo) il tramonto delle Pleiadi anticiperà man mano fino ad avvenire poco dopo che il sole sia tramontato (6). Da questo momento non sarà più osservabile né il tramonto né le stesse Pleiadi, essendo imminente la loro congiunzione con il sole (1). Appena però il sole si sarà un po' allontanato, lasciandole indietro alla propria destra (gli antichi fissavano questo intervallo in 40 giorni), il sorgere delle Pleiadi inizierà ad essere visibile (2) pochi minuti prima che la luce dell'alba le afferri con le sue "rosee dita". Man mano che si avvicinerà l'opposizione, il sorgere sarà sempre più anticipato, fino a sorgere un'ultima volta poco dopo che il sole sia tramontato nella parte opposta del cielo (3). Attorno all'opposizione (4), quando le luci del crepuscolo si attenuano le Pleiadi sono già sorte, e non si potrà osservare né il loro sorgere né il tramonto, essendo tali fenomeni contemporanei al tramonto e al sorgere rispettivamente del sole. Poco più tardi però, poco prima dell'alba, tornerà ad essere visibile il loro tramonto (5): e siamo ritornati infine al punto da cui eravamo partiti.
Schematizzando, questi sono i fenomeni relativi al sole e ed una stella (sorgere = sorgere della stella; tramonto = tramonto della stella):
Per capirci del tutto:
A questo punto sarebbe interessante spiegare l'importanza di questi fenomeni per chi in Egitto o Mesopotamia se ne stava alzato tutta la notte e tutte le notti a scrutare il cielo, o illustrare come possa variare la separazione temporale (e l'ordine stesso) di questi eventi in relazione alla declinazione e alla distanza dall'eclittica della stella nonché all'inclinazione dell'eclittica rispetto all'orizzonte al momento del sorgere o tramonto, per non dire della magnitudine della stella, ma credo di aver già oltrepassato ogni ragionevole limite per una lettera. Spero almeno di avervi permesso di individuare che con "tramonto delle Pleiadi" Polibio intendeva il "primo tramonto" (5). Seguendo le procedure di Meeus, o con un buon software astronomico (per Alcione si consideri "visibile" la stella sopra i 7° di altezza se il sole è a -8°), provate voi stessi a calcolare le date di questi fenomeni (sperando che non mi sia invece ingarbugliato io) tenendo conto che Polibio scrive nel II sec a.C. di un evento verificatosi il 218 a.C. (quindi bisogna tenere in considerazione la precessione).
Segnalo infine che nel bel e ben documentato articolo di A. Vietti su Coelum di aprile, l'immagine a p. 38 non raffigura un bassorilievo bensì un sigillo (nella foto molto ingrandito rispetto alle dimensioni originali).
Ad ogni buon conto, per fortuna che c'è qualcuno che ha il coraggio di trattare questi argomenti e che c'è una rivista divulgativa che è disposta a pubblicarli!
Cordiali saluti,
Gian Pietro Basello
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san Giovanni in Persiceto, 29/XII/2004